"Se ci cado in bici gli faccio levare il midollo dagli avvocati...". E' l'unico post che si può pubblicare diffuso sui social da una sereie di imbecilli che confermano come la mamma dei cretini è senpre in cinta. Che i social siano il bar degli insulti e l’agorà delle minacce è risaputo ma che fossero anche la palestra degli imbecilli la conferma viene da tanti insulti, minacce e offese che sono stati postati nei confronti del sindaco di Gressan, Michel Martinet, e di Charvensod, Ronny Borbey, che hanno deciso di chiudere la pista ciclabile nel tratto tra Les Illes di Gressan a Pont Suaz di Charvensod.
Nelle scorse settimane, lungo la pista, è stata realizzata la condotta per la rete di distribuzione del metano. In attesa dell’assestamento del terreno lo scavo è stato asfaltato in modo provvisorio in attesa di potere ultimare il lavoro con l’asfaltatura definitiva.
Ovviamente la sistemazione provvisoria crea qualche dissesto. Disssesto che è stato l’occasione per i troppi imbecilli per insultare, offendere e minacciare i due sindaci con termini irripetibili. Le minacce riguardano la possibile denuncia in caso di danni causati dal dissesto della strada.
E’ dei mesi scorsi la notizia che il Comune di Pollein dove sborsare poco meno di 10mila euro per saldare le spese legali che ha dovuto affrontare per una causa insulsa intentata da una donna che percorreva la pista ciclabile lungo la quale ha riportato delle contusioni per indennizzare le quali ha chiesto oltre 100mila euro. E’ bene ricordare che l’accesso alla pista è libero e gratuito.
I fatti di Pollein risalgono al 2011. La causa ha già superato il primo grado di giudizio con sentenza a favore del Comune, ma il giudice ha deciso la ripartizione delle spese tra le parti. La turista ha però presentato ricorso in appello.
Sia la causa di Pollein, così come le offerse e le minacce degli imbecilli social (la polizia postale farebbe bene indagare, ndr.) sono vere e proprio assurdità visto che la pista ciclabile e aperta a tutti e gratuitamente ed è un’alternativa ecologica e salutare a chi vuole praticare attività fisica al sicuro dalle auto che sfrecciano lungo la statale. Un’assurdità. Ma tant’è; c’è chi vuole arricchirsi alle spalle della comunità. E c’è chi mette sull’avviso i sindaci Martinet e Borbey anticipando possibili cause in caso di incidenti.
Eppure l’accesso alla pista è libera; nessuno è obbligato precorrerla, si tratta di un servizio al quale un cittadino può decidere se usufruirne o no. Chi ha paura di farsi male lungo la pista può tranquillamente percorrere le strade invase dalle auto e respirare aria carica di particelle pesanti e piombo.
E così per colpa dei soliti cretini tanti cittadini non possono più camminare e correre al sicuro percorrendo la pista ciclabile Pont Suaz Gressan. Onore al merito ai due sindaci che a malincuore, per pochi parassiti hanno chiuso la pista chiedendo scusa ai tanti responsabili che la pista l’avrebbero utilizzata anche se dissestata. Nonostante la pista sia perfettamente percorribile.
Da sapere
L’utilizzo di frasi offensive e diffamatorie sui social determina la responsabilità penale degli autori con conseguente obbligo di risarcire il danno prodotto.
L’avvento dei social network ed il largo uso che oggi ne viene fatto conduce certuni a sentirsi liberi di esprimere il proprio pensiero nei confronti degli altri senza alcun limite.
Il grande errore che questi soggetti compiono è quello di considerare la realtà virtuale come una sorta di “zona franca”, in cui porre in essere ogni tipo di condotta, ritenendo che quello che viene realizzato su internet sia qualcosa di non esistente o non rilevante.
Al contrario, la realtà virtuale deve essere considerata esattamente pari a quella reale sotto il profilo dell’effetto delle offese e/o critiche e delle conseguenze delle proprie azioni su un piano legale.
Anche senza arrivare al drammatico fenomeno degli “haters” (soggetti che si divertono a prendere di mira taluno e criticarlo in maniera assoluta per qualunque cosa questo esprima sui social) rileva penalmente anche ogni condotta consistente nell’offendere e denigrare qualcuno.
La libertà di espressione del pensiero è costituzionalmente tutelata dall’art. 21 della Costituzione.
Tale libertà ha, tuttavia, dei limiti. Infatti, un conto è criticare, altro è offendere.
La critica integra, infatti, una forma di c.d. “scriminante” legale, ossia rende legittima la condotta di chi, nell’ambito di tale libertà, esercita il diritto di dissentire nei confronti di un soggetto che la pensi diversamente.
La critica, però, anche laddove aspra e forte, deve essere pertinente al fatto (non generalista, tanto per fare) e soprattutto continente, vale a dire caratterizzata da toni comunque improntati all’educazione e alla volontà di censurare un fenomeno, non di offendere e basta.