Dopo che è apparsa su “Aosta Cronaca” l’intervista che ho rilasciato, chi già mi conosce mi pone domande a cui non è semplice rispondere. Non posso accontentare tutti, non avendo tutti gli elementi necessari per farlo. Certamente, e molti lo sanno, ho lavorato per tanti anni al casinò di Saint Vincent, ma questo non significa che io possa rispondere a tutto, poiché non sono al corrente di molte cose. Tuttavia, se, come è successo ultimamente, mi viene chiesto come andrà a finire la questione se la gestione sarà pubblica o privata, posso immaginare qualcosa con una certa cognizione di causa. Non tanto per essere stato dipendente della casa da gioco in entrambe le tipologie gestionali, quanto perché conosco il contenuto del contratto tra gestore e concedente, e sono a conoscenza di alcune particolarità in merito.
Come mi pare di aver già notato in un mio articolo pubblicato su GiocoNews.it, esistono clausole che comprendo e altre meno, ma mi danno l’impressione di provenire maggiormente da un contratto tra Regione e gestore privato piuttosto che con un gestore pubblico. Tuttavia, ai fini della mia comprensione e per quanto vale, è irrilevante anche sapere che l’Assessore competente precedente all’attuale Presidente della Giunta, che ha la delega per le partecipate, ha apportato alcune modifiche qualche tempo fa.
I problemi da risolvere, nel caso di affidamento della gestione a una società a capitale privato, sono vari, non in ordine di rilevanza, ma così come mi vengono in mente: il quantum (la percentuale sui proventi) che il gestore si impegna a versare al concedente a titolo di tassa di concessione; la durata della concessione, anche considerando gli investimenti condivisi dai contraenti. In ogni caso, ritengo che il gestore debba essere garantito per quanto riguarda la sostenibilità economica del complesso che si appresta a gestire, accettando le altre clausole di natura economica e non.
Ma, a mio avviso, la condizione più importante è il controllo sulla regolarità del gioco e degli incassi. Nel documento che ho citato riguardo alle clausole contrattuali, il problema del controllo assumeva una rilevanza notevole, occupando molto spazio nel documento stesso. Ecco perché non ne riporto alcuna parte; prima di procedere, e senza fornire spiegazioni sul funzionamento, mi permetto, se richiesto, di suggerire qualche integrazione.
Desidero inoltre specificare che, a mio parere, il concedente non può imporre la metodologia del controllo al gestore per la sua attività imprenditoriale. Mi sento di affermare che, con qualche aggiunta specifica per una gestione oculata e attenta all’andamento del mercato, ciò che è utile per il concedente potrà esserlo anche per il gestore stesso.
Chiaramente, gli argomenti per discutere sul futuro della casa da gioco sono molti di più. Tuttavia, come ho già scritto, non ho a disposizione tutti gli elementi per discuterne, e, se per caso ne avessi solo alcuni, non ne discuterei comunque, perché non è mia abitudine esprimere idee senza essere al corrente di tutto ciò che rileva nella questione. Questo è il mio modo di pensare e non lo cambio, neanche in questa occasione. Forse, per il fatto di essere curioso, mi piace poter disporre di ampio materiale.
Ma l’occasione veramente importante che mi si presenta è data dall’intervista che il mio amico Piero, che vedevo spesso quando frequentavo le sedute del Consiglio Valle, mi ha concesso. Lo ringrazio per le doti e le capacità che mi ha attribuito leggendo ciò che scrivo da qualche anno, e che si può trovare, volendo, nella rivista che cito.
Molto probabilmente, chi leggerà l’intervista potrà trovare una parziale risposta alle domande che l’argomento solleva. Un'altra via potrebbe essere quella di seguire le sedute del Consiglio regionale, che a settembre, forse il 18 o il 19, potrebbero iniziare a trattare la questione.