Tante memorie felici sono collegate a Cogne, dove andavo con i miei genitori.
E altri pensieri mi riportano verso la suggestiva località di Planpincieux, in Val Ferret. Dove mi attendeva accogliente Berta Baldoni Subilia.
Per intere generazioni di bambini e di bambine, valdesi e non, la Dott. Subilia è stata semplicemente zia Berta, l'apprezzata direttrice del periodico protestante "L'Amico dei fanciulli", studiato per bimbi e adolescenti. Molto prima che diventasse di moda, zia Berta ha saputo parlarci, in termini accessibili a chiunque, di ecologia, rispetto per gli animali, tutela dell'ambiente. E ci ha narrato in maniera rassicurante e limpida le vicende di Gesù e dei personaggi della Bibbia. Ha amato il suo giornale, che le è sopravvissuto e viene stampato tuttora.
Zia Berta ci ha lasciati nel 2000, a 89 anni.
Impossibile non ricordare, insieme a lei, suo marito, il teologo e scrittore Vittorio Subilia, a cui si è unita in matrimonio nel 1936.
Vittorio Subilia, figlio di Adele Pecoraro e di Marco, nacque nel 1911 (come Berta), a Torino dove studiò con pieno successo presso il liceo classico “Massimo d'Azeglio” e fu allievo di Augusto Monti, docente antifascista.
Tra 1930 al 1933, frequentò la Facoltà Valdese di teologia a Roma. Strinse amicizia con Giovanni Miegge e con il gruppo dei giovani seguaci del teologo svizzero Karl Barth, che collaboravano alla rivista «Gioventù Cristiana».
Dopo gli anni trascorsi a Milano e a Palermo, nel 1937 venne consacrato Pastore, rimanendo nel capoluogo siciliano sino al 1939, quando, per motivi di salute, fu trasferito ad Aosta, dove esercitò il suo ministero dal 1940 al 1950. Berta lo ha affiancato con entusiasmo e con pazienza, sempre attenta e scrupolosa, aiutandolo nella sua missione spirituale, per tutta la vita.
Nel Sinodo del 1943, in qualità di membro della Commissione d'esame dell’operato della Tavola valdese, Vittorio Subilia sostenne un ordine del giorno in cui si invitava la comunità ad umiliarsi davanti a Dio, per non aver saputo assumere una posizione critica nei confronti della grave situazione politica di quegli anni, ordine del giorno molto discusso e infine ritirato. Vittorio accusa la comunità di essere una ecclesia silens, una chiesa silenziosa. L'anno seguente, rifiuta di prestare giuramento, in quanto ex ufficiale, alla Repubblica Sociale e deve vivere diversi periodi di clandestinità.
Nel 1946-1947, in congedo presso la Facoltà teologica di Basilea, frequentò le lezioni di Karl Barth ed Oscar Cullmann. Collaborò alla rivista «Protestantesimo», fondata nel 1946 da Giovanni Miegge, e dal 1948 ne assunse la direzione, carica ricoperta con zelo per oltre quarant'anni. Contemporaneamente, fu pilastro portante delle redazioni della «Revue d'Histoire et de Philosophie Religieuse» e di «Teologia e filosofia», nonché parte attiva dell'Assemblea costituente del Consiglio Ecumenico delle Chiese, riunitosi nel 1948 ad Amsterdam.
Dal Sinodo del 1949 venne nominato professore alla Facoltà Valdese di Roma per la cattedra di Teologia sistematica, Dogmatica e Storia dei dogmi, e anche di Teologia biblica del Nuovo Testamento. Nei molti anni di insegnamento, tra 1950 e 1978 si dedicò in modo particolare alla formazione degli studenti, portando avanti anche una ricerche e riflessioni scientifiche di grande valore.
Nel 1952 si adoperò per l'apertura della “Libreria di Cultura Evangelica” in piazza Cavour a Roma, che diventò presto una preziosa porta aperta per la diffusione del libro protestante. Nel 1962 seguì con grande interesse critico l'evento del Concilio Vaticano secondo della Chiesa cattolica romana. Nel 1968 rappresentò la Chiesa valdese alla IV Assemblea del Consiglio Ecumenico ad Upsala e partecipò ai colloqui fra luterani e riformati che portarono alla “Concordia di Leuenberg” e alla commissione “Fede e Ordinamento” del CEC. Nel 1976 entrò in emeritazione, che per i Pastori equivale al pensionamento, pur continuando la sua appassionata ricerca teologica. Morì a Roma il 12 aprile 1988. Lasciandoci libri indimenticabili.
Berta e Vittorio hanno amato moltissimo la Val D'Aosta e per questo mi sembra bello ricordarli qui.
Arrivederci, cari amici.