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FEDE E RELIGIONI | 23 marzo 2020, 09:00

PAPA: Oltre l’orizzonte del balcone per costruire rapporti d’amore

RESTIAMO A CASA

PAPA: Oltre l’orizzonte del balcone per costruire rapporti d’amore

«Oggi vorrei ricordare le famiglie che non possono uscire di casa. Forse l’unico orizzonte che hanno è il balcone e, lì dentro, la famiglia con i bambini, i ragazzi, i genitori». Con queste parole, a braccio, Papa Francesco ha iniziato la celebrazione eucaristica sabato mattina, 21 marzo, nella cappella di Casa Santa Marta.

Offrendo nuovamente la messa — trasmessa in diretta streaming — per le famiglie che stanno vivendo giorni difficili a causa della pandemia da coronavirus, il Pontefice ha invitato a pregare «perché sappiano trovare il modo di comunicare bene, di costruire rapporti di amore nella famiglia, e sappiano vincere le angosce di questo tempo insieme, in famiglia. Chiediamo la pace delle famiglie oggi, in questa crisi, e per la creatività».

Alla sua invocazione Francesco ha fatto seguire i versi del salmo 103 (2-3), letti come antifona d’ingresso: «Anima mia, benedici il Signore, non dimenticare tanti suoi benefici: egli perdona tutte le tue colpe».È dal Libro del profeta Osèa (6, 1-6) che il Papa ha poi preso spunto per iniziare la sua meditazione. Ricordando che nel passo proposto ieri dalla liturgia c’era «quella parola del Signore: “Torna, torna a casa”».

Ed è sempre «nello stesso libro del profeta Osèa» che, ha suggerito Francesco, oggi «troviamo la risposta: “Venite, ritorniamo al Signore”».Sì, ha fatto presente il Pontefice, «è la risposta, quando tocca il cuore, quel “torna a casa”: “Ritorniamo al Signore”». Scrive infatti Osèa: «Egli ci ha straziato ed egli ci guarirà. Egli ci ha percosso ed egli ci fascerà. Affrettiamoci a conoscere il Signore, la sua venuta è sicura come l’aurora».

E così, ha aggiunto il Papa, c’è «la fiducia nel Signore, è sicuro: “Verrà a noi come la pioggia d’autunno, come la pioggia di primavera, che feconda la terra”». E «con questa speranza — ha spiegato — il popolo incomincia il cammino per ritornare al Signore e una delle maniere, dei modi di trovare il Signore è la preghiera: preghiamo il Signore, torniamo da Lui». Riferendosi quindi al brano dell’evangelista Luca (18, 9-14), proposto dalla liturgia, il Papa ha affermato che oggi «nel Vangelo Gesù ci insegna come pregare: ci sono due uomini, uno presuntuoso che va a pregare ma per dire che è uno bravo, come se dicesse a Dio “ma guarda sono così bravo: se hai bisogno di qualcosa, dimmi, io risolvo il tuo problema”».

Ed è proprio con questo atteggiamento di «presunzione» che «si rivolge a Dio: forse lui faceva tutte le cose che diceva la Legge, lo dice: “Digiuno due volte alla settimana e pago le decime di tutto quello che possiedo”». Come a dire «sono bravo».Questo modo di fare «ci ricorda anche altri due uomini» presentati nel Vangelo. Anzitutto «ci ricorda il figlio maggiore della parabola del figliol prodigo, quando va dal padre e dice “ma, io che sono così bravo non ho la festa, e a questo, che è un disgraziato, tu gli fai la festa”».

In una parola, è «presuntuoso». Un atteggiamento, che richiama anche «la storia di quell’uomo ricco, che abbiamo sentito in questi giorni: senza un nome, ma era ricco, incapace di farsi un nome, ma era ricco. Non gli importava nulla della miseria degli altri». Sono tre uomini «che hanno sicurezza in se stessi o nel denaro o nel potere».Il Vangelo di oggi, ha rilanciato Francesco, presenta anche la figura del «pubblicano che non va davanti all’altare, resta a distanza: “Fermatosi a distanza, non osava nemmeno alzare gli occhi al cielo, ma si batteva il petto dicendo: ‘O Dio, abbi pietà di me peccatore’”».

Ma «anche questo» modo di fare, ha fatto presente il Pontefice, «ci porta al ricordo del figliol prodigo: si accorse dei peccati fatti, delle cose brutte che aveva fatto, anche lui si batteva il petto: tornerò da mio padre; padre, ho peccato».È un atteggiamento di «umiliazione» che, ha chiarito il Papa, «ci ricorda il mendicante Lazzaro, alla porta del ricco, che viveva la sua miseria davanti alla presunzione di quel signore».

Del resto nel Vangelo, ha suggerito Francesco, si trova sempre la possibilità di accostare persone tra loro. «In questo caso il Signore ci insegna come pregare, come avvicinarci, come dobbiamo avvicinarci al Signore: con umiltà» ha continuato il Pontefice. Proponendo la «bella immagine nell’inno liturgico della festa di san Giovanni Battista: dice che il popolo si avvicinava al Giordano, per ricevere il battesimo, “nuda l’anima e i piedi”». Si tratta, dunque, di «pregare con l’anima nuda, senza trucco, senza travestirsi delle proprie virtù».

Francesco ha ribadito che Dio, «lo abbiamo letto all’inizio della Messa, perdona tutti i peccati ma ha bisogno che io gli faccia vedere i peccati, con la mia nudità». Per questo si deve «pregare così, nudi, con il cuore nudo, senza coprire, senza avere fiducia neppure in quello che ho imparato sul modo di pregare: pregare, tu e io, faccia a faccia, l’anima nuda».

«Questo è quello che il Signore ci insegna» ha commentato il Papa. Invece «quando andiamo dal Signore un po’ troppo sicuri di noi stessi, cadremo nella presunzione di questo» fariseo, di cui oggi parla il Vangelo di Luca, «o del figlio maggiore o di quel ricco al quale non mancava nulla. Avremo la nostra sicurezza in altra parte: “Io vado dal Signore ma ci voglio andare per essere educato e gli parlo a tu per tu, praticamente”».

Ma «questa non è la strada, la strada è abbassarsi — l’abbassamento — la strada è la realtà» ha messo in guardia il Pontefice. E «l’unico uomo qui, in questa parabola, che aveva capito la realtà, era il pubblicano: Tu sei Dio e io sono peccatore. Questa è la realtà, ma dico che sono peccatore non dalla bocca, dal cuore: sentirsi peccatore».

«Non dimentichiamo questo che il Signore ci insegna: giustificare se stesso è superbia, è orgoglio, è esaltare se stesso, è travestirsi da quello che non sono e le miserie rimangono dentro». Infatti «il fariseo giustificava se stesso». Invece, ha raccomandato il Papa, è importante «confessare direttamente i propri peccati, senza giustificarli, senza dire “ma, no, ho fatto questo, ma non era colpa mia”». «L’anima nuda» ha ripetuto Francesco.

Auspicando che «il Signore ci insegni a capire questo atteggiamento per incominciare la preghiera: quando la preghiera la incominciamo con le nostre giustificazioni, con le nostre sicurezze, non sarà preghiera» ma «sarà parlare con lo specchio». Invece «quando incominciamo la preghiera con la vera realtà — “sono peccatore, sono peccatrice” — è un buon passo avanti per lasciarsi guardare dal Signore». E che «Gesù insegni questo a noi» ha concluso.Anche oggi, durante la messa, il Papa ha invitato tutti a fare la comunione spirituale, recitando questa preghiera di sant’Alfonso Maria de’ Liguori: «Gesù mio, credo che sei realmente presente nel Santissimo Sacramento dell’altare. Ti amo sopra ogni cosa e Ti desidero nell’anima mia. Poiché ora non posso riceverti sacramentalmente, vieni almeno spiritualmente nel mio cuore. E come già venuto, Ti abbraccio e tutto mi unisco a Te. Non permettere che abbia mai a separarmi da Te».

La celebrazione è terminata con l’adorazione e la benedizione eucaristica. Francesco ha, infine, affidato le sue intenzioni alla Madre di Dio sostando davanti all’immagine posta accanto all’altare della cappella di Santa Marta, accompagnato dal canto dell’antifona Ave Regina caelorum. La preghiera mariana del Pontefice è stata poi rilanciata a mezzogiorno, nella Basilica vaticana, dal cardinale arciprete Angelo Comastri, con la recita dell’Angelus e del rosario.

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