Di Simone Baroncia - ACI Stampa
"Don Oreste Benzi è stato capace di cambiare il tempo che ha abitato, di scuotere cuori e menti, di attuare una rivoluzione culturale e sociale nel nostro Paese. Incontrarlo oggi significa comprendere che il suo desiderio di costruire un mondo nuovo è ancora attuale e possibile, proponendo un'idea alternativa di società, 'la società del gratuito', come don Oreste la chiamava. Una società che riporta al centro la persona, che va avanti seguendo il passo degli ultimi, inclusiva, rispettosa della diversità, che fa della diversità anzi il suo punto di forza”.
Con questa intenzione, all’inizio di settembre — in occasione dell'anniversario dei 100 anni della nascita — il Comitato Nazionale per le celebrazioni del Centenario, la Fondazione Don Oreste Benzi, il Comune di Rimini e la diocesi di Rimini hanno promosso tre giornate di eventi, musica e fede dedicate a lui, per ricordare la sua figura e il suo sguardo pieno di amore e attento agli ultimi. Uno sguardo che continua a generare una tensione innovatrice anche oggi, attraverso le opere e le realtà nate dal suo incontro.
Le giornate sono state aperte dalla celebrazione eucaristica del presidente della CEI, cardinale Matteo Zuppi:
“Don Oreste continua a farci sentire famiglia e la luce del suo amore riflette quella eterna. È la stessa luce che portava nei luoghi e nei cuori più oscuri e che faceva trovare nei tanti piccoli che ha amato e difeso la loro straordinaria bellezza, altrimenti nascosta, umiliata.
Don Oreste continua ad aiutarci a riconoscere il corpo di Gesù nell’Eucaristia e nei piccoli. Corpus Domini tutti e due! Uno del tutto spirituale ma sempre materiale, l’altro tutto materiale ma sempre spirituale. Don Oreste continua a farceli 'vedere' con gli occhi di Gesù, a riconoscerlo nel tabernacolo che nella casa del Papa Giovanni XXIII è il cuore e l’intimità della famiglia e di ciascuno, e anche nella relazione affettiva, personale, nel legame di amore che ci unisce tra noi, e con i più piccoli e fragili. Distratti osservatori o professionisti equilibrati però smarriscono quella spinta in più che è la gratuità, l’amore”.
Partendo da queste sollecitazioni, alla professoressa Elisabetta Casadei, postulatrice della causa di beatificazione e canonizzazione di don Oreste Benzi, abbiamo chiesto di raccontarci la profezia di don Oreste Benzi.
“Aver rimesso al centro la relazione, quella gratuita — o meglio, la condivisione diretta — nella quale l’uomo diventa se stesso e si sente parte di un ‘noi’ per il quale desidera vivere. Don Benzi non è tanto un prete della carità, ma possedeva una visione sulla società e sul mondo, conseguenza del Vangelo.
La sua profezia è dunque la Società del Gratuito, opposta a quella del Profitto, che descrive così, sulla falsariga di papa Francesco:
‘L’uomo investe denaro nel campo economico per riaverlo aumentato; impegna le proprie energie, le proprie capacità per riaverle aumentate: in questa impostazione l’uomo diventa il centro di se stesso e, potenzialmente, è nemico degli altri, nel senso che tutte le volte che nel suo cammino incontra qualcuno che va contro i suoi interessi lo combatte (homo homini lupus)… La guerra è strutturata nella società umana. Come conseguenza si ha che ogni uomo si difende dall’altro: così cresce la paura, la difesa, l’attacco’.
(Oreste Benzi, Un’umanità nuova fondata sul gratuito, 25.2.1985).
La guerra è strutturale nella Società del Profitto, poiché ‘ogni persona che è senza padre e senza madre e viene tenuta rinchiusa in strutture emarginanti… subisce violenza e quindi è un focolaio di guerra. Ogni disoccupato subisce violenza ed è quindi un focolaio di guerra. Il focolaio di guerra è quella società che non vuole la guerra, ma che in realtà produce il disoccupato e quindi crea la guerra… Tutto il mondo lotta per uccidersi l’un l’altro: questa è una pazzia collettiva, che l’uomo vi è tanto dentro che non crede neanche più di essere pazzo’.
Per descrivere questa pazzia usa dei paragoni:
‘In noi può svilupparsi quella malattia autoimmune, in cui le cellule non si riconoscono più dello stesso corpo e si distruggono l’un l’altra, finché sono morte’.
Questa società non può essere aggiustata, ma va cambiata. La Società del Gratuito è fondata su una visione dell’uomo opposta a quella individualistica, ossia come persona, in cui le relazioni sono vitali; per cui, fondata sulle dinamiche positive della persona: realizzare le proprie capacità e parteciparsi nella gratuità.
Nella Società del Gratuito le capacità non sono titoli di merito, ma di servizio, e la retribuzione è secondo il bisogno e non secondo i titoli (studio, carriera, livello); i beni sono usati come amministratori e non come proprietari. La Società del Gratuito è costituita dai ‘nuovi mondi vitali’, ossia da nuovi stili di vita sociale in cui le persone si sentono accolte e amate per quello che sono: case famiglia, cooperative sociali, scuole del gratuito, professioni, aziende agricole, corpi di pace, centri educanti con i carcerati…
Principio di rinnovamento della società sono i piccoli, gli scartati (disabili, anziani, ex prostitute, carcerati e tutti coloro che non contano), poiché essi aiutano a rimanere umani: a riscoprire valori che rischiamo di perdere o addirittura di disprezzare — gratuità, tenerezza, compassione, il valore del tempo e della natura, dell’essere sull’avere.
Dal 2006 l’Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII è accreditata con lo Stato ‘Consultativo Speciale’ all’ECOSOC (Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite), organismo che tratta tematiche legate allo sviluppo sociale, alla giustizia e alla pace, allo scopo di promuovere a livello globale il paradigma della Società del Gratuito”.
Quale era il suo ‘metodo’ pastorale?
“Un secondo elemento di profezia è il metodo pastorale, che si può oggi definire sinodale e missionario. Don Benzi lo ha applicato sia nella sua parrocchia sia nella Comunità Papa Giovanni XXIII.
I suoi principi si possono così enucleare: partire dalla vita delle persone e non da piani pastorali predefiniti — ‘Quando la vita interpella la fede, riunisci i fedeli e rispondi alla vita con la fede’; ‘Quando si devono costruire strade, occorre prima guardare dove passa la gente’.
Decidere tutti insieme: ascoltare tutti! (il consiglio pastorale era sempre aperto a tutti e si svolgeva la domenica pomeriggio, una volta al mese).
Le minoranze possono essere principi di rinnovamento nel futuro.
Priorità della grazia: alle assemblee annuali ci si preparava spiritualmente anche mesi prima.
Priorità della memoria: anzitutto si faceva memoria di ciò che il Signore aveva fatto nella comunità negli anni precedenti (lettura teologica della storia).
Priorità dell’ascolto e della condivisione delle esperienze di vita (in casa famiglia, nel quartiere, ecc.) sulla conoscenza scientifica (ascolto degli esperti sui diversi temi: droga, educazione, disabilità). Conclusioni non solo teoriche ma operative, stabilendo precisi obiettivi. Festa (sport, spettacoli)”.
Quali erano gli elementi costitutivi della sua spiritualità?
“Vivere non solo per Gesù e con Gesù, ma in Gesù per rinnovare il mondo.
Nello specifico, conformare il proprio cuore a quello di Gesù servo, povero e obbediente, che condivide in tutto la vita dell’uomo e prende su di sé i loro limiti e peccati (espiazione o diaconia dell’amore): questo è anche il carisma dell’associazione Papa Giovanni XXIII.
Tutto ciò si esplica nella condivisione diretta (mettere la vita con la vita di chi non è voluto da nessuno), nella fraternità, nella vita da poveri (con loro, come loro) e in una intensa preghiera che non tralasciava mai, anche nei ritmi frenetici delle sue giornate in giro per l’Italia e per il mondo (Eucaristia quotidiana, Liturgia delle Ore, Rosario, adorazione, meditazione della Parola di Dio)”.









