Salvatore Cernuzio – VN
Leone XIV chiude la porta a ogni retorica bellica: “Basta guerre, con i loro dolorosi cumuli di morti, distruzioni, esuli… Mai la guerra è santa, solo la pace è santa, perché voluta da Dio!”.
Sotto l’Arco di Costantino, all’ombra del Colosseo – simbolo di Roma e luogo di persecuzione e martirio cristiano – dove nel pomeriggio si svolge l’incontro internazionale promosso da Sant’Egidio “Osare la pace”, il Papa alza simbolicamente le mani al cielo e le apre verso gli altri:
“Dobbiamo far sì che tramonti presto questa stagione della storia segnata dalla guerra e dalla prepotenza della forza, e inizi una storia nuova. Non possiamo accettare che questa stagione perduri oltre, che plasmi la mentalità dei popoli, che ci si abitui alla guerra come compagna normale della storia umana”.
“Basta! È il grido dei poveri e il grido della terra. Basta! Signore, ascolta il nostro grido!”
Il vibrante appello del Vescovo di Roma conclude oggi pomeriggio, 28 ottobre, l’evento interreligioso organizzato ogni anno dalla Comunità per riunire i rappresentanti delle confessioni mondiali e rilanciare l’impegno – quanto mai urgente in quest’epoca di lacerazioni – a unirsi e lavorare per la pace.
Ogni anno, da 39 anni, cioè dalla storica convocazione ad Assisi del 27 ottobre 1986 voluta da Giovanni Paolo II, l’incontro prosegue “nello spirito di Assisi”, raccogliendo il mandato di Wojtyla a “pregare insieme, uniti, tutti”.
Dal 2020, segnato dal Covid, l’evento si è spostato dalla cittadina umbra alla Città Eterna, poi a Berlino e Parigi. Ora di nuovo Roma, con la prima partecipazione di Papa Leone XIV, giunto al Colosseo poco prima delle 16.20, accolto da sei leader di Chiese e comunità cristiane, con cui ha fatto il suo ingresso in processione.
L’invocazione allo Spirito Santo apre l’incontro. Il Papa rilancia le parole pronunciate dalla Loggia delle Benedizioni, il giorno della sua elezione al Soglio di Pietro, sulla necessità di una “pace disarmata e disarmante”.
Seguono canti, meditazioni, testimonianze e preghiere per i Paesi in guerra o colpiti da violenze, povertà e sofferenze – dal Medio Oriente all’Ucraina, dall’Afghanistan alla RD Congo, fino a Somalia, Haiti, Libia, Messico, Myanmar, Mozambico, Nigeria e Yemen.
La gente, raccolta negli spazi verdi del Colosseo, segue l’evento dai maxi schermi che trasmettono immagini suggestive riprese dal drone. Si vedono zucchetti, turbanti, kippah, chador, shash, fez, tonache e talari di ogni colore: un mosaico vivente di fedi e culture.
Le parole si alternano in un clima di silenzio, meditazione e raccoglimento.
Tra i pini e i lecci di via San Gregorio si sente solo il cinguettio degli uccelli e la voce gracchiante delle radioline per la traduzione simultanea.
Il Papa rimane a lungo con il capo chino, poi si alza e compie il gesto dello scambio di pace con i rappresentanti cristiani.
Affiancato da Andrea Riccardi e Marco Impagliazzo, rispettivamente fondatore e presidente della Comunità di Sant’Egidio, Leone XIV si reca all’esterno del Colosseo, dove saluta uno a uno i presenti tra applausi e commozione.
Tra loro, i cardinali Matteo Zuppi, Baldo Reina, Gualtiero Bassetti, Louis Raphael Sako, Fridolin Ambongo, Antoine Kambanda, Jean-Marc Aveline, l’arcivescovo Vincenzo Paglia e il vescovo latino di Kyiv, Vitalii Kryvytskyi.
Toccante la stretta di mano a Koko Kondo, 80 anni, sopravvissuta alla bomba atomica di Hiroshima quando aveva appena sei mesi: testimone dell’orrore, ma anche dell’energia della pace.
Il Papa sale quindi sul palco azzurro dove, dopo il saluto di Impagliazzo e la testimonianza di un rifugiato sudanese, pronuncia il suo discorso.
Le prime parole sono di ringraziamento: “Chi è venuto a Roma per pregare per la pace mostra al mondo quanto la preghiera sia decisiva”.
“Il mondo ha sete di pace”, afferma Leone XIV.
“Ha bisogno di una vera e solida epoca di riconciliazione, che ponga fine alla prevaricazione, all’esibizione della forza e all’indifferenza per il diritto”.
L’evento di oggi è la manifestazione di una “ferma volontà di pace”, ma anche della consapevolezza che “la preghiera è una grande forza di riconciliazione”.
“Chi non prega abusa della religione, persino per uccidere.”
La preghiera, spiega, “è un’apertura del cuore. Non parole gridate, non comportamenti esibiti, non slogan religiosi usati contro le creature di Dio.
Abbiamo fede che la preghiera cambi la storia dei popoli. I luoghi di preghiera siano tende dell’incontro, santuari di riconciliazione, oasi di pace”.
Torna pregnante il ricordo di san Giovanni Paolo II che, nel 1986, invitò i leader religiosi del mondo ad Assisi a pregare per la pace:
“Mai più l’uno contro l’altro, ma l’uno accanto all’altro”.
“Un momento storico – lo dice anche il Papa – una svolta nei rapporti tra le religioni”.
Ricominciamo da lì, è il suo invito: “Ricominciamo da Assisi”, perché “il mondo oggi sembra andato nella direzione opposta”.
Leone XIV cita anche la dichiarazione Nostra Aetate del Concilio Vaticano II, di cui ricorre il 60° anniversario della promulgazione (28 ottobre 1965), definendola “una base solida per il rinnovamento del rapporto tra Chiesa cattolica e religioni”.
“Tutti i credenti sono fratelli”, ribadisce. “E le religioni, da sorelle, devono favorire che i popoli si trattino da fratelli, non da nemici. I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità, con una sola origine”.
Un altro richiamo arriva da Robert Francis Prevost, che ricorda l’incontro interreligioso del 2024 a Parigi, quando Papa Francesco lanciò il suo monito:
“Dobbiamo allontanare dalle religioni la tentazione di diventare strumenti per alimentare nazionalismi, etnicismi, populismi. Le guerre si inaspriscono. Guai a chi cerca di trascinare Dio nel prendere parte alle guerre!”.
Leone XIV fa sue quelle parole e le rilancia con forza: “Mai la guerra è santa, solo la pace è santa, perché voluta da Dio!”
Il Pontefice cita anche il venerabile Giorgio La Pira, che scriveva a Paolo VI: “Ci vuole una storia diversa del mondo: la storia dell’età negoziale, la storia di un mondo nuovo senza guerra”.
“La cultura della riconciliazione vincerà l’attuale globalizzazione dell’impotenza, che sembra dirci che un’altra storia è impossibile”, aggiunge Leone XIV.
“Invece il dialogo, il negoziato e la cooperazione possono affrontare e risolvere le tensioni. Devono farlo! Esistono le sedi e le persone per farlo.”
E ammonisce: “Mettere fine alla guerra è dovere improrogabile di tutti i responsabili politici di fronte a Dio.
La pace è la priorità di ogni politica.
Dio chiederà conto a chi non ha cercato la pace o ha fomentato conflitti.”
L’ultimo momento dell’evento è l’accensione delle candele poste sul candelabro da parte di ventidue rappresentanti religiosi.
Un gesto simbolico che il Papa definisce “la luce della speranza di pace nel buio della guerra”.
La musica sale, sventolano cartelli e bandiere con la scritta Pace, Peace, Paix in varie lingue.
Un gruppo di bambini – tra cui alcuni provenienti da Gaza – riceve l’Appello di Pace, frutto di questi giorni di incontro, e lo consegna ad ambasciatori e rappresentanti della politica internazionale.
“Come una lettera piena di sogni e di speranze – dice la voce dal palco – essi lo porteranno ai popoli e alle istituzioni, perché ispiri tutti nella ricerca della pace.”









