Salvatore Cernuzio – VN
Volti affamati e stomaci vuoti, tonnellate di cibo sprecate e moltitudini di persone che rovistano nella spazzatura, bambini pelle e ossa e campi bruciati dalle guerre, le stesse che permettono che la fame venga usata come arma: un vero e proprio “crimine”.
Usa immagini plastiche, impattanti quanto toccanti, Papa Leone XIV, per stigmatizzare quello che definisce “un fallimento collettivo, un’aberrazione etica, una colpa storica”: la fame. Non “il destino” dell’uomo, bensì la sua “rovina”; non la battaglia di alcuni, ma di “tutti”, scandisce il Papa dal palco della sala plenaria della FAO di Roma, nella cui sede oggi, 16 ottobre – a otto anni esatti dalla visita del predecessore Francesco (era il 16 ottobre 2017) – si reca in visita.
L’occasione è la Giornata mondiale dell’Alimentazione e la celebrazione degli 80 anni della fondazione di questa organizzazione Onu, che attualmente riunisce 194 Paesi e si occupa di sviluppo, nutrizione, produttività e crescita economica globale.
In un denso discorso, per metà in spagnolo e metà in inglese, dinanzi a una platea di personalità della politica, della società e della cultura, il Pontefice richiama l’attenzione sulle moltitudini che non hanno accesso ad acqua potabile, cibo, cure mediche essenziali, alloggi decenti, istruzione di base o lavori dignitosi.
Chiede di “condividere il dolore di coloro che si nutrono solo di disperazione, lacrime e miseria” ed esorta a non dimenticare quanti “sono condannati alla morte e alla sofferenza in Ucraina, Gaza, Haiti, Afghanistan, Mali, Repubblica Centrafricana, Yemen e Sud Sudan”.
“La comunità internazionale non può voltarsi dall’altra parte. Dobbiamo fare nostro il loro dolore”, afferma Leone XIV.
Dinanzi a lui ci sono circa 1.200 persone, tra cui il presidente del Consiglio italiano Giorgia Meloni, il ministro degli Esteri Antonio Tajani, il segretario generale emerito dell’Onu Ban Ki-Moon e il re del Lesotho, Letsie III.
Il direttore generale Qu Dongyu fa gli onori di casa, accoglie il Pontefice all’ingresso dell’edificio in viale Aventino come aveva fatto qualche ora prima con il presidente italiano Sergio Mattarella. Con il Papa una stretta di mano, la sosta dinanzi alla bandiera della Città del Vaticano e a quella delle Nazioni Unite, la consegna del dono di un arazzo con stampe orientali e dei francobolli emessi per l'anniversario.
“All rise for His Holiness Pope Leo XIV”, annuncia la speaker dal palco della grande sala blu, sormontata da un bassorilievo in ceramica di 500 mq, opera dell’artista Mirko Basaldella, che ritrae in forma allegorica oceani, mari e terre.
Tutti in piedi, tutti applaudono a Leone XIV che sale sul palco, assiste a un filmato che mostra l’impegno della FAO nel mondo e ascolta il discorso di Qu Dongyu. In piedi, da un leggio, prende poi parola e avvia il suo intervento con un augurio:
“Che la pace regni dovunque.”
Questa pace, “se si sconfiggerà la fame”, sarà “il terreno fertile dal quale nascerà il bene comune di tutte le nazioni”, assicura il Successore di Pietro.
Chiama quindi a un’azione mossa dalla coscienza, a sua volta interpellata dal dramma “sempre attuale” di fame e malnutrizione. “Porre fine a questi mali non spetta solo a imprenditori, funzionari o responsabili politici. È un problema alla cui soluzione tutti dobbiamo contribuire: agenzie internazionali, governi, istituzioni pubbliche, Ong, entità accademiche e società civile, senza dimenticare ogni persona in particolare, che deve vedere nella sofferenza altrui qualcosa di suo.”
“Chi patisce la fame non è un estraneo. È mio fratello e devo aiutarlo senza indugio.”
L’obiettivo è tanto nobile quanto ineludibile: porre fine a una situazione che “nega la dignità umana, compromette lo sviluppo auspicabile, costringe ingiustamente moltitudini di persone ad abbandonare le proprie case e ostacola l’intesa tra i popoli”.
In tal senso, il Papa ricorda l’obiettivo Fame Zero dell’Agenda 2030 dell’Onu: “Sarà possibile – dice – solo se ci sarà una volontà reale di farlo, e non soltanto dichiarazioni solenni.”
Per corroborare la sua denuncia e l’invito all’azione, Leone XIV cita poi dati drammatici: “673 milioni di persone nel mondo vanno a dormire senza mangiare. E altri 2.300 milioni non possono permettersi un’alimentazione adeguata dal punto di vista nutrizionale.”
Non sono solo statistiche: dietro questi numeri “c’è una vita spezzata, una comunità vulnerabile; ci sono madri che non possono nutrire i propri figli”, evidenzia il Papa.
Il dato più toccante è quello dei bambini che soffrono di malnutrizione, con le conseguenti malattie e il ritardo nello sviluppo motorio e cognitivo. Non è un caso, bensì il segno evidente di un’insensibilità imperante, di un’economia senz’anima, di un modello di sviluppo discutibile e di un sistema di distribuzione delle risorse ingiusto e insostenibile.
Permettere tutto questo, in un’epoca di tecnologie e conoscenze, permettere cioè che “milioni di esseri umani vivano – e muoiano – vittime della fame” per Papa Leone XIV “è un fallimento collettivo, un’aberrazione etica, una colpa storica”.
Aberrante è pure la guerra che ha fatto riemergere l’uso del cibo come un’arma. “Sembra allontanarsi sempre più quel consenso espresso dagli Stati che considera un crimine di guerra la fame deliberata, come pure l’impedire intenzionalmente l’accesso al cibo a comunità o interi popoli”, sottolinea Leone.
Ricorda la condanna del Consiglio di Sicurezza dell’Onu dell’uso della fame inflitta ai civili come metodo di guerra. Tutto ciò, però, sembra dimenticato: “Con dolore, siamo testimoni dell’uso continuo di questa crudele strategia che condanna uomini, donne e bambini alla fame, negando loro il diritto più elementare: il diritto alla vita.”
“Il silenzio di quanti muoiono di fame grida nella coscienza di tutti, anche se spesso ignorato, messo a tacere o distorto. Non possiamo continuare così, poiché la fame non è il destino dell’uomo ma la sua rovina. Rafforziamo, quindi, il nostro entusiasmo per porre rimedio a questo scandalo!”
La fame, insiste il Papa, è “un grido che sale al cielo e che esige la rapida risposta di ogni nazione, di ogni organismo internazionale, di ogni istanza regionale, locale o privata”.
“Nessuno può restare al margine della strenua lotta contro la fame. È una battaglia di tutti.”
Enumera poi Papa Leone quelli che definisce “paradossi oltraggiosi”. Li elenca in forma di domanda, ma l’intento è una condanna:
“Come possiamo continuare a tollerare che si sprechino ingenti tonnellate di alimenti mentre moltitudini di persone si affannano per trovare nella spazzatura qualcosa da mettere in bocca? Come spiegare le diseguaglianze che permettono a pochi di avere tutto e a molti di non avere nulla? Perché non si pone subito fine alle guerre che distruggono i campi prima ancora delle città, arrivando persino a scene indegne della condizione umana, dove la vita delle persone – e in particolare quella dei bambini – invece di essere custodita, si spegne mentre questi, ridotti pelle e ossa, vanno alla ricerca di cibo?”
Guardando a questo panorama desolante, “si ha l’impressione che siamo diventati testimoni abulici di una violenza lacerante”, annota il Papa.
Le tragedie umanitarie, dice, dovrebbero risvegliarci dal “funesto letargo in cui siamo immersi” e spronarci tutti a essere “artigiani di pace, muniti del balsamo curativo che richiedono le ferite aperte nel cuore stesso dell’umanità”.
“Il mondo non può continuare ad assistere a spettacoli così macabri come quelli in corso in numerose regioni della terra. Bisogna porvi fine il prima possibile.”
“Lucidità e coraggio” è ciò che invoca il Vescovo di Roma: per le generazioni future, ma anche per i responsabili politici e sociali che “non possono continuare a essere polarizzati, sprecando tempo e risorse in discussioni inutili e virulente, mentre coloro che dovrebbero servire continuano a essere dimenticati e strumentalizzati per interessi di parte”.
“Non possiamo limitarci a proclamare valori. Dobbiamo incarnarli. Gli slogan non fanno uscire dalla miseria.”
“È urgente superare un paradigma politico tanto aspro, basandosi su una visione che prevalga sul pragmatismo dominante che sostituisce la persona con il beneficio. Non basta invocare la solidarietà: dobbiamo garantire la sicurezza alimentare, l’accesso alle risorse e lo sviluppo rurale sostenibile”, rimarca Leone XIV.
L’invito è dunque a “un rinnovato impegno, che incida positivamente sulla vita di quanti hanno lo stomaco vuoto e si aspettano da noi gesti concreti che li sollevino dalla loro prostrazione”.
In questa lotta contro la fame, il Papa ricorda il ruolo della donna: “Indispensabile, anche se non sempre sufficientemente apprezzato.”
“Le donne sono le prime a vegliare sul pane che manca, a seminare speranza nei solchi della terra, a impastare il futuro con le mani indurite dalla fatica. In ogni angolo del mondo, la donna è silenzioso architetto della sopravvivenza, custode metodica del creato.”
Allo stesso modo, Papa Leone XIV ribadisce l’importanza del multilateralismo di fronte a “tentazioni nocive che tendono a ergersi come autocratiche in un mondo multipolare e sempre più interconnesso”.
È più che mai necessario “ripensare con audacia le modalità della cooperazione internazionale”, così da garantire ai Paesi più poveri “che si ascolti la loro voce senza filtri”, che si conoscano realmente le loro carenze e non si impongano “soluzioni fabbricate in uffici lontani” o impregnate da ideologie.
“I volti affamati di tante persone che ancora soffrono ci interpellano e ci invitano a riesaminare i nostri stili di vita, le nostre priorità e il nostro modo di vivere nel mondo di oggi in generale.”
Da qui, un monito dal forte sapore programmatico: “Non possiamo aspirare a una vita sociale più giusta se non siamo disposti a liberarci dall’apatia che giustifica la fame come fosse una musica di sottofondo alla quale ci siamo abituati, un problema irrisolvibile o semplicemente una responsabilità altrui. Non possiamo chiedere agli altri di agire se noi stessi non rispettiamo i nostri impegni. Con la nostra omissione diventiamo complici della promozione dell’ingiustizia.”
“Invece, se siamo disposti a condividere quanto ricevuto, potremo affermare con verità e coraggio che nessuno è stato lasciato indietro.”
Prima di congedarsi, Papa Leone ha lasciato una dedica, in inglese, sul Libro d’Onore:
“Nell’80° anniversario della FAO, auguro ogni benedizione e un vero successo duraturo per tutto l’importante lavoro svolto per eliminare la fame nel mondo.”









