«Unti con olio di gioia per ungere con olio di gioia». In poche parole Papa Francesco, nel giorno in cui si fa memoria dell’istituzione del sacerdozio, ne ha riassunto la missione. Nell’omelia pronunciata questa mattina, 17 aprile, giovedì santo, durante la messa crismale nella basilica di San Pietro, ha infatti ricordato che se è vero che il dono dell’unzione è ciò che rende il sacerdote gioioso «di una gioia incorruttibile», è altrettanto vero che si tratta sempre di «una gioia missionaria»: che ha senso, cioè, soltanto se «posta in intima relazione» con il popolo di Dio.
Anzi essa «è una gioia che fluisce solo quando il pastore sta in mezzo al suo gregge» ha detto il Pontefice. Ed è proprio il gregge che la difende e la custodisce. Così come fanno quelle che il Santo Padre definisce le tre “sorelle”: la povertà, la fedeltà e l’obbedienza.
E in questo giovedì santo il Papa ha chiesto al Signore tre cose per il sacerdote: che conservi «il brillare gioioso» negli occhi dei nuovi ordinati, pronti a partire «per “mangiarsi” il mondo e per consumarsi in mezzo al popolo fedele di Dio»; che conservi «la profondità e la saggia maturità della gioia nei preti adulti», quelli che «hanno tastato il polso del lavoro» affinchè raccolgano le forze e si riarmino; infine che quella stessa gioia «risplenda nei sacerdoti anziani, sani o malati», affinchè, guardando alla croce, riscoprano la consapevolezza di possedere «un tesoro incorruttibile» e riassaporino la gioia di «passare la fiaccola», di «veder crescere i figli dei figli» e di «salutare sorridendo e con mitezza, le promesse in quella speranza che non delude».












