Francesca Andruzzi elabora con ironica perspicacia e sarcasmo un’analisi del linguaggio “comunemente corretto”, dal quale è stato avviato un percorso di assurda modulazione del mondo, che nell’uso di quei termini si specchia. L’autrice adotta, di contro, un modello argomentativo-concettuale ideale con una logica coerente ai Principi, ma in quanto tale difforme, per forma e sostanza, dallo svolgimento ineluttabilmente infido dei fatti accaduti. Non è questo, dunque, il miglior mondo possibile, tuttavia al suo interno occorre tutelare e difendere la libertà e l’autonomia morale e discernitiva da ogni “paradigma pre-definito”. (Prefazione di Raffaella Scorrano)
Già dai primi tempi della chiusura forzata, qualcosa non tornava, non quadrava. Ma eravamo distanziati, separati, lontani. Isolati. Le pagine virtuali sono state utili per comprendere come non fossi l’unica a percepire una realtà non corrispondente alla narrazione prevalente. Nel farlo presente, molto spesso, si rischiava di essere fraintesi. Migliaia di persone, soprattutto nel nord Italia, erano entrate in ospedale con le loro gambe e ne erano uscite racchiuse in un’urna. Ripercorreremo insieme gli eventi del triennio infame con un sorriso, anche se, a volte, amaro. Abbiamo assistito a gravi violazioni della libertà e a gravi contraddizioni; condizionati, forse, da un sentimento di paura, abbiamo trovato giustificazioni a ciò che, spero ardentemente, non succeda mai più. Per conservare, insieme a Voi, memoria di ciò che è accaduto. (Presentazione di Francesca Andruzzi)