Siamo in tanti a chiederci se cambierà qualche cosa nel 2023. Le prospettive non sono del tutto incoraggianti, anche se è consigliabile sperare sempre il meglio per questa nostra Italia tutta presa da vari impegni improrogabili con l’Europa. Diciamo pure che il nostro è un destino europeo perché troppi passi sono stati compiuti per dare solide fondamenta alle istituzioni sovranazionali. Si dice sempre: “prima l’Italia”, e pare uno slogan di grande impatto; ma, in effetti, i binari da percorrere vanno in ben altra direzione.
L’economia del Paese è impoverita dalle crescenti differenze sociali e dalle ingenti spese per il semplice mantenimento dello status quo.
Linee di progresso vengono sempre enunciate da tutti i Governi della Repubblica, ma poi il gravame fiscale fa la differenza e costringe le famiglie a riflettere sui conti della spes
Viene da se concludere che l’Europa non ha ancora imbracciato quelle scelte coraggiose che potrebbero svincolarla dalla dipendenza energetica e da rapporti opachi con le grandi potenze mondiali. Diciamo che l’Europa è un mercato a portata di mano per tutti gli appetiti internazionali che vedono nel continente una prateria d’interessi da coltivare.
L’originale volontà di affermazione di una Europa dei popoli in grado di levare la voce nel mondo per garantire la pace ed il benessere a tutte le popolazioni, comprese quelle oppresse dalle dittature, si è spenta d’innanzi a rapporti di forza che chiudono tutte le strade dirette verso svolte significative. Viene, così, logico vivere in un perenne galleggiamento anche per evitare di scivolare nella inazione.
L’espressione della volontà popolare per il tramite di libere elezioni mostra lacune insormontabili se pensiamo che la sedicente maggioranza è il risultato di 12 milioni di voti, dinnanzi a tre minoranze che sommano 14 milioni di voti ed a ben 18 milioni di cittadini che si sono astenuti dalle urne.
Questo semplice fatto segna un deficit di partecipazione e di democrazia che toglie ogni entusiasmo alle iniziative di qualsiasi governo. Per vincere il perdurante pessimismo che ha permeato gli ultimi decenni della Repubblica occorrono orizzonti credibili ed obiettivi di crescita in grado di coinvolgere tutti coloro che hanno il senso della cittadinanza. La leva sulla quale appoggiare ogni possibile sforzo comune è quella della esigenza di assicurare un futuro alle nuove generazioni che si attendono da noi propositi di rinascita e non semplici fughe in avanti per mascherare un vuoto programmatico privo di senso.
Non sappiamo, davvero non sappiamo, se la speranza è l’ultima a morire, ma una cosa è certa: non vogliamo che morire sia l’ultima speranza.
Lo esige un futuro che non ci appartiene, ma che dobbiamo comunque preparare nel superiore interesse di questo Paese che amiamo. gianfrancofisanotti@gmail.com