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Block Notes | 05 dicembre 2021, 12:00

TINA ANSELMI, LA DONNA DEI DIRITTI

Block Notes è una rubrica settimanale promossa dall’associazione Comunque Valdostani con l’obiettivo di avvicinare i Cittadini al Palazzo e aprire il Palazzo ai Cittadini. L’Associazione Comunque Valdostani ringrazia il Sindaco di Aosta, Gianni Nuti, che con entusiasmo ha aderito alla proposta

TINA ANSELMI, LA DONNA DEI DIRITTI

Il mio ricordo di Tina Anselmi è legato alla sua nomina a prima Ministra della Repubblica Italiana: un evento epocale nel 1976, anche per un ragazzino di dodici anni attento ai fatti del mondo. Fu un riconoscimento storico, salutato come l’apice di una piccola rivoluzione silenziosa – consumata all’interno di un fortino maschilista spietato come quello della politica – promossa a quel tempo da poche, pioniere temerarie.

Giuramento di Tina Anselmi

Fu straniante e curioso vedere come colei che compariva nella lista dei ministri non sembrasse così differente dai maschi circostanti, come per mimetizzarsi in un terreno insidioso: austera, diritta, sobria ed elegante nell’abbigliamento mostrava una virilità aggraziata, tanto signorile quanto potente.

Questa coraggiosa staffetta partigiana aveva scritto il suo destino nel volto ampio e allungato, morbido e ossuto insieme, gli zigomi prominenti, la fronte spaziosa, il mento volitivo e gli occhi severi e fermi, ma subito pronti a intenerirsi in un lampo: un volto androgino, fatto di forza e tenerezza…

La scelta di lottare contro l’invasore l’aveva compiuta di fronte all’impiccagione per rappresaglia del fratello di una compagna di scuola da parte dei nazifascisti, ma soprattutto nel constatare, al ritorno in classe come, tra i compagni, si opponessero a botte due fazioni: la prima considerava l’esecuzione sommaria una giusta vendetta contro i ribelli, la seconda denunciava un sopruso inaccettabile, che scuoteva le coscienze e chiamava alla mobilitazione.

Da quel giorno, Tina diventò Gabriella: consumò copertoni su copertoni per portare alla brigata Battisti e poi al Corpo Volontari della Libertà materiale utile a far saltare treni e liberare centinaia di giovani prigionieri.

Poi, nell’Italia liberata, fece saltare un po’ di ostacoli che frenavano il riconoscimento dei diritti delle lavoratrici nelle filande venete;  quando divenne prima sottosegretario e poi Ministro del Lavoro e della Previdenza Sociale permise alle donne di conciliare meglio maternità e lavoro, estese i congedi parentali ai padri (la Legge 903), ampliando lo spazio di libertà a milioni di famiglie che correvano verso un progresso alimentato dalla volontà di partecipazione alla vita pubblica di tutte e di tutti.

Gli è ch’era una donna moderna e progressista, paladina della laicità dello Stato, sebbene saldamente ancorata ai fondali della cristianità mediterranea. Per ciò, nonostante i suoi tormenti morali, firmò da Ministra della Sanità la legge 194, che depenalizzava l’interruzione volontaria della gravidanza dopo aver collaborato al miglioramento del testo ed essersi assicurata che la donna non fosse lasciata sola in una presa di decisione così dolorosa rafforzando il ruolo dei consultori.

Tina Anselmi in Parlamento

Con una voce sfregata, eppure calda come le corde unisone di dodici violoncelli promosse e difese la più importante riforma della sanità della storia repubblicana (la legge istitutiva del Servizio Sanitario Nazionale del 23 dicembre 1978, n. 833), quella che sancisce la centralità della salute come diritto e bene universale di ogni essere umano, indipendentemente dalla condizione sociale, economica e lavorativa, assicura l’uguaglianza del trattamento per ciascuno e la completezza delle prestazioni. Se oggi non beneficiassimo di questo sistema, non saremmo solo provati da due anni di pandemia, ma decimati.

La sua sensibilità per gli oppressi la indusse, infine, a far saltare i manicomi una volta per tutte: così, fece approvare la legge 180 del 1978, più nota come Legge Basaglia, con la quale si restituì dignità alle persone con malattie psichiatriche, si aprirono le prigioni nelle quali erano costrette all’elettroshock e alla camicia di forza migliaia di esseri umani inermi, ridotti a uno stato larvale.

Gli è ch’era di un’irriducibile rettitudine questa gran donna di Conegliano Veneto e con questo atteggiamento presiedette – ultimo incarico pubblico di rilievo – la commissione sulla P2, la loggia deviata: assunse posizioni scomode per amici e nemici e così fu messa a tacere, relegata da quel momento in poi al rango di testimone di un passato glorioso, lontano e irripetibile, ingiustamente dimenticata.

La scorsa settimana abbiamo parlato di auspici per il futuro, oggi parliamo di rimpianti: la “Tina vagante” come la chiamavano i suoi compagni delatori, usava gli esplosivi per eliminare cause di morte sociale, economica e civile ma poi, mattone dopo mattone, sapeva edificare buone dimore vive per il domani.

Tina Anselmi nei ricordi di Anna Vinci

Per questo avrebbe meritato d’essere la prima Presidentessa del Consiglio della Repubblica Italiana: rappresentante eccellente del cristianesimo sociale, figlia di un socialista con tessera firmata da Giacomo Matteotti, sapeva parlare con tutti, scegliere con risolutezza e senso dello Stato promulgando le leggi giuste, quelle più durature, espressione del migliore uomo d’ogni tempo.

Gianni Nuti

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