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Block Notes | 16 maggio 2021, 12:00

Che Tutti siano Uno

Blok Notes è una rubrica settimanale promossa dall’associazione Comunque Valdostani con l’obiettivo di avvicinare i Cittadini al Palazzo e aprire il Palazzo ai Cittadini. L’Associazione Comunque Valdostani ringrazia il Sindaco di Aosta, Gianni Nuti, che con entusiasmo ha aderito alla proposta

Che Tutti siano Uno

Da alcuni giorni in Comune è iniziata una nuova avventura: la vice sindaca, il capo di gabinetto ed io stiamo incontrando uno per uno tutti i 315 dipendenti in forze presso l’amministrazione che abbiamo l’onore di guidare.

Questo importante investimento di tempo si sta rivelando un’indimenticabile esperienza umana, di conoscenza e di prossimità: alla fine avremo il privilegio di leggere la macchina comunale, in futuro, con 315 occhi diversi tra di loro, secondo una visione autenticamente multiprospettica, quasi caleidoscopica: perché la rappresentazione dell’azienda da parte di ogni lavoratore è differente e il mosaico che stiamo costruendo è tanto variopinto quanto originale, vivo.

Abbiamo compiuto questa scelta, infatti, perché la complessità di un’organizzazione non si riconosce da un organigramma, uno schema non molto diverso da un circuito elettrico in cui si tracciano le gerarchie, si segue una ramificazione dove le persone sono occultate dietro nomi e sigle (da B1 a D con PPO), mentre il palazzo è sezionato in aree (A), dunque una specie di battaglia navale… L’impressione, dalla carta, è quella di un organismo mummificato.

Avvicinando le persone ci si accorge invece che all’ombra di quelle tubolari strutture a circuito stampato la vita scorre in modo reticolare, attraverso una fitta rete di relazioni intersoggettive, alimentata da un’energia fatta d’aspettative e desideri, in molti casi anche esauditi, talora disattesi. Si possono toccare con mano le forme di solidarietà tra colleghi e di dedizione al proprio lavoro, ma anche la fatica enorme di fronte agli ostacoli che gli appesantimenti burocratici e le rigidità del sistema oppongono loro e rallentano ogni piccolo gesto produttivo.

La sfida è dare fluido a una struttura che deve adeguarsi a una realtà non più solo liquida, ma quasi ridotta allo stato gassoso, continuamente mobile, perennemente instabile. Occorre tuttavia equilibrio: con i paradigmi di ieri, si resta indietro senza appello; inseguendo, per contro, le particelle entropizzate della contemporaneità, abbattendo tutte le strutture di garanzia si rischia il dissolvimento o l’apertura indiscriminata verso l’arbitrio, l’abuso, la corruttela. La burocrazia, quando è stata teorizzata nell'anno 1759 dall'economista Vincent de Gournay, non era intesa come il mostro invisibile che blocca per anni ogni opera, rallenta o ferma i processi decisionali ma soprattutto rende infelici e impotenti le persone che lavorano negli uffici e rabbiosi i cittadini: doveva essere il ponte sul quale si ritrovavano gli eletti chiamati a rendere un servizio di governo – per il tramite delle loro braccia operative – con chi domanda aiuto per le ragioni più disparate, per i bisogni e i desideri che compongono la storia delle nostre brevi, intense vite quotidiane.

Ci si ascoltava reciprocamente cercando e trovando una soluzione anzi, la soluzione, la migliore possibile, la più rapida e da questo scaturiva un senso di appagamento reciproco tra le parti, perché essere curati e prendersi cura di qualcuno sono lo specchio della stessa volontà di unirsi contro le difficoltà e le pene da cui nessuno è esente.

Dobbiamo recuperare il senso autentico della burocrazia, quindi, per rispondere con prontezza ai bisogni minimali della città – un marciapiedi dissestato, un terreno incolto, un cartello stradale divelto, la certezza di una risposta telefonica – e nel contempo evitare che chi lavora in un ufficio tecnico veda solo progetti preliminari, qualche volta gli esecutivi, se è fortunato un definitivo mentre i collaudi dei lavori effettuati è certo che li effettuerà il suo successore dopo aver conquistato una meritata collocazione a riposo.

Non dipende solo dalla nostra volontà, ma di certo faremo la nostra parte con l’indispensabile contributo di tutti i lavoratori, che vanno accesi da nuove energie dopo questi tempi bui, rinnovando un sentimento di appartenenza e di solidarietà, il senso personale e collettivo di una missione.

Abbiamo la fortuna di servire i cittadini, di vedere i frutti del nostro lavoro sotto gli occhi severi di tutti e quindi di poter vedere riconosciuto ogni sforzo, additata ogni mancanza; nessuno è un ingranaggio che non sa cosa succede nella catena di montaggio successiva, il terminale è sempre tangibile, lo guardi negli occhi, gli dici: ci sono riuscito, ho fallito…

Questo è un privilegio perché ogni azione, ogni forma che costruiamo – da una staccionata ripristinata a una grande opera di rigenerazione urbana – può raggiungere un senso compiuto di utilità e di bellezza, può far del bene, ma non possiamo farlo da soli.

Stiamo toccando con mano come uno non valga uno, ma ciascuna persona sia motore del “Tutti”. Nelle mani di ciascun “dipendente” che lavora in Comune si affida una parte della città e dalla sua capacità di accogliere dipende il destino di un gran numero di cittadini, ma non può patire l’isolamento, non può alimentare da solo la passione per il bene comune. Nessuno di noi d’altronde può appassionarsi con e per se stesso: il fuoco si accende solo quando si sente che una energia positiva scorre di mano in mano e Tutti si sentono Uno.

Felici, per parte nostra, di servire tutti e ciascuno e, per il momento, non ci sentiamo soli.

 

Gianni Nuti

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