Ogni anno, puntuale come la raclette nelle serate d’inverno, arriva il 1° gennaio. E con lui l’illusione – bella, per carità – che basti girare pagina del calendario per rimettere tutto a posto. Brindiamo, ci abbracciamo, facciamo gli auguri anche a chi sentiamo una volta all’anno e, per una notte, ci convinciamo che il tempo abbia davvero il potere di ricominciare da zero.
Non è un’idea nuova. Anzi. Già gli antichi romani avevano capito che l’inizio dell’anno non è solo una questione di date, ma di simboli. Per questo Giulio Cesare decise di spostarlo al 1° gennaio, il giorno dedicato a Giano, il dio bifronte: una faccia rivolta al passato, l’altra al futuro. Un’immagine che funziona ancora oggi, soprattutto qui da noi, dove il passato pesa, il futuro preoccupa e il presente spesso si arrangia.
Il Capodanno, in Valle d’Aosta, è fatto di cose semplici e riconoscibili: una tavola lunga, qualche sedia in più del previsto, il freddo che pizzica fuori e il caldo che si crea dentro. I botti riecheggiano tra le montagne, rimbalzano nelle valli e ricordano che siamo pochi, ma non silenziosi. C’è chi rispetta i rituali e chi li prende in giro, chi mangia le lenticchie per scaramanzia e chi dice che tanto non servono a nulla. Ma alla fine, bene o male, ci ritroviamo tutti lì: a fare i conti con l’anno che se ne va.
E forse è proprio questo il senso del Capodanno: non tanto promettersi miracoli, quanto concedersi una pausa. Fermarsi un momento, respirare, guardarsi attorno. Decidere – anche solo per qualche giorno – di essere un po’ più pazienti, un po’ meno distratti, un po’ più presenti. Non eroi, non santi. Persone normali che provano a fare meglio.
Qui, nella nostra Petite Patrie, dove il tempo scorre a un ritmo diverso e le montagne non hanno fretta, l’augurio resta quello di sempre, semplice e ostinato:
«Que cette nouvelle année apporte à chacun bonheur, santé et sérénité dans nos belles montagnes».
Parole che ripetiamo ogni anno, forse per abitudine, forse perché in fondo ci crediamo ancora.
E allora, mentre i fuochi illuminano il cielo e il rumore si spegne piano piano tra le vette, ricordiamoci che il vero spettacolo non è sopra le nostre teste, ma attorno a noi. Nei gesti piccoli, negli auguri sinceri, nella voglia – testarda – di ricominciare.
Buon anno. Senza effetti speciali, ma con un po’ di coraggio in più.





