Consiglio Valle Comuni - 30 dicembre 2025, 16:45

Finanziaria Governo: Astensione come avvertimento, Manes e le minoranze linguistiche sfidano la manovra senza strappi

Non è un voto contro, ma non è nemmeno un sì. È un’astensione che pesa, quella annunciata alla Camera dalla componente delle minoranze linguistiche del gruppo Misto durante il voto finale sulla legge di Bilancio. Una scelta che il deputato valdostano Franco Manes rivendica come “leale e responsabile”, ma che, letta tra le righe, assume i contorni di un avvertimento politico chiaro al Governo: la stabilità dei conti non basta più, se non è accompagnata da una visione credibile di crescita e di attenzione ai territori

Franco Manes

Franco Manes

Dopo una notte infinita, oggi alle 13 la Camera ha votato il sì definitivo con 216 sì, 126 contrari e 3 astenuti: la manovra diventa legge e il Parlamento chiude una delle sessioni di bilancio più compresse e nervose degli ultimi anni. Nel dibattito parlamentare, la componente ha riconosciuto lo sforzo dell’esecutivo nel garantire affidabilità finanziaria in una fase segnata dal peso del debito pubblico e dall’aumento dei costi degli interessi. Ma è proprio qui che si innesta la critica principale. La manovra, secondo Manes e i colleghi delle minoranze linguistiche, appare prudente fino all’autoconservazione, incapace di indicare una direzione strategica. «Manca una rotta chiara sul terreno decisivo della crescita e della produttività», è il messaggio politico che attraversa l’intervento svolto in Aula, «e senza crescita la prudenza contabile rischia di ridursi a una semplice gestione dell’esistente».

L’astensione nasce dunque da una valutazione complessiva: la legge di Bilancio non è solo un documento tecnico, ma un atto che incide sul rapporto di fiducia tra Stato, cittadini e territori. Ed è proprio su questo rapporto che, secondo Manes, emergono le maggiori fragilità. «In assenza di regole stabili e prevedibili», osserva il deputato valdostano, «famiglie e imprese faticano a investire, ad assumere e a innovare». Un limite che colpisce l’intero Paese, ma che diventa strutturale nelle aree periferiche e di confine, dove ogni incertezza si amplifica.

Il nodo politico più sensibile riguarda il rapporto tra Stato e territori. La visione proposta dalle minoranze linguistiche si muove in direzione opposta rispetto a ogni tentazione centralista. «La forza dello Stato non coincide con l’accentramento», è il principio richiamato in Aula, «ma con la capacità di garantire diritti uguali affidando responsabilità a chi è più vicino alle persone». Nei territori montani, questa non è un’affermazione teorica: la perdita di un servizio non è una riorganizzazione amministrativa, ma un aumento concreto delle distanze e una frattura nella coesione sociale.

È sul fronte delle politiche per la montagna che Manes affonda maggiormente il colpo. «Nel corso del dibattito è emerso un limite evidente della manovra», sottolinea, «le misure per la montagna restano frammentate e non pienamente rispondenti alle esigenze strutturali delle aree interne». Una critica che non nasce oggi e che, ricorda Manes, è stata più volte sollevata dalle rappresentanze dei comuni montani, a partire da UNCEM. Servizi essenziali, fiscalità adeguata, capacità amministrativa degli enti locali: i nodi restano aperti. «Nei territori alpini e di confine», avverte il deputato valdostano, «l’assenza di interventi mirati rischia di tradursi in spopolamento e in un impoverimento dell’offerta pubblica».

In questo quadro si inserisce il tema dell’autonomia, che Manes tiene volutamente lontano da ogni retorica identitaria. L’autonomia non come rivendicazione formale, ma come strumento operativo. Senza certezza delle risorse e stabilità delle regole, sostiene la componente di minoranza linguistica, la programmazione diventa impossibile e il prezzo più alto lo pagano proprio i territori più fragili. È su questa linea di equilibrio – riconoscimento degli elementi di affidabilità della manovra, ma richiesta di un salto di qualità nelle politiche economiche e di sviluppo – che matura l’astensione.

Accanto al giudizio critico, Manes rivendica però anche risultati concreti, seppur con una soddisfazione definita “misurata”. Due ordini del giorno, firmati insieme al collega Steger, sono stati approvati dall’Aula. Il primo riguarda l’Università della Valle d’Aosta – Université de la Vallée d’Aoste, indicata come presidio strategico per il diritto allo studio, la ricerca e lo sviluppo di competenze in un territorio montano e di confine. L’atto impegna il Governo a contribuire al potenziamento dell’ateneo, al fianco della Regione, con ulteriori finanziamenti statali per il triennio 2026–2028, ampliando offerta formativa, ricerca e terza missione. Un segnale positivo, osserva Manes, soprattutto alla luce del fatto che emendamenti di merito sugli stessi temi non hanno trovato spazio nel passaggio al Senato.

Il secondo ordine del giorno è dedicato alle cooperative elettriche, realtà storiche e mutualistiche delle aree alpine. «Operano senza fini di speculazione privata e svolgono una funzione sociale rilevante», ricorda Manes, rivendicandone il ruolo nella distribuzione locale di energia rinnovabile e nel mantenimento dell’equilibrio socio-economico delle comunità. L’impegno chiesto al Governo è quello di tener conto delle loro specificità nell’attuazione delle normative su concessioni e investimenti.

Nel complesso, l’astensione delle minoranze linguistiche non è un gesto neutro né una scorciatoia tattica. È una presa di posizione che segnala una distanza politica: non sul terreno della tenuta dei conti, ma su quello della visione. Una distanza che, se ignorata, rischia di allargarsi proprio là dove lo Stato dovrebbe essere più presente: nei territori di confine, nelle montagne, nelle autonomie speciali. E dove, sempre più spesso, la pazienza istituzionale viene messa alla prova.

pi.mi.

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