Ci sono luoghi che, in Valle d’Aosta, non hanno bisogno di essere spiegati. Si raggiungono camminando, salendo, sostando. Machaby è uno di questi. Non solo un santuario mariano, ma una presenza silenziosa e fedele che da oltre cinquecento anni accompagna la vita spirituale di generazioni di valdostani. Non stupisce allora che mons. Franco Lovignana, nell’omelia del 5 maggio 2024, abbia ricordato come «ogni Santuario Mariano sia una Casa di Maria». A Machaby questa definizione smette di essere formula e diventa esperienza concreta.
Nella prefazione al volume di Sébastien Joly, don Nicco, priore di Arnad, restituisce con parole semplici e profonde il senso di questo luogo: una casa che accoglie, consola, perdona, custodisce la fede. Una casa dove si viene non per curiosità, ma per affidarsi. Da secoli, la Madonna di Machaby riceve i suoi figli nel silenzio, nel raccoglimento, nella preghiera. È una dimensione che appartiene intimamente alla spiritualità valdostana, fatta di discrezione, perseveranza e legame profondo con i luoghi.
Il libro di Joly nasce proprio da qui: dal desiderio di dare spessore storico a una devozione che rischierebbe altrimenti di restare affidata solo alla memoria orale. Frutto di un paziente lavoro d’archivio, condotto tra l’archivio parrocchiale di Arnad, quello della Curia vescovile di Aosta e l’archivio notarile distrettuale, il volume ricostruisce le vicende del santuario con rigore e onestà intellettuale, senza nascondere le lacune documentarie che il tempo ha lasciato.
Ed è forse proprio questa sincerità a rendere il lavoro ancora più credibile. Joly non forza le fonti, non inventa continuità dove non ce ne sono, ma accompagna il lettore dentro una storia fatta anche di vuoti, di silenzi, di ipotesi. Una storia che parla non solo di muri e di date, ma di pratiche religiose, di riti oggi quasi dimenticati come il répit, di indulgenze, di feste patronali che un tempo scandivano l’anno e la vita delle comunità.
Emergono così figure spesso invisibili: i sacrestani, i parroci priori, gli uomini e le donne che, senza mezzi moderni, hanno costruito, mantenuto e abbellito il santuario. Gente semplice, ma determinata, che ha lasciato un segno duraturo. Come ricorda l’autore, il loro sacrificio richiama quello evangelico della vedova che offre tutto ciò che ha. Un parallelismo che parla direttamente alla sensibilità di una terra abituata alla fatica e alla sobrietà.
Il volume si inserisce anche in un momento particolare: quello dei recenti restauri esterni del santuario. Un intervento necessario, che permette di preservare la struttura per il futuro, ma che solleva anche una domanda centrale, posta con chiarezza nella prefazione: Machaby deve restare un luogo di preghiera, non ridursi a semplice meta turistica. È una riflessione che tocca da vicino tutta la Valle d’Aosta, sempre più chiamata a bilanciare valorizzazione e rispetto, apertura e custodia.
Il libro di Sébastien Joly, in questo senso, non è solo un contributo storico, ma un atto culturale e spirituale. Ricorda ai valdostani che la loro identità passa anche da luoghi come Machaby, dove fede, paesaggio e memoria si intrecciano senza clamore. E invita a tornare, magari in silenzio, in quella “Casa di Maria” che da secoli attende, discreta, tra le montagne.
In un tempo in cui l’identità valdostana rischia di essere ridotta a marchio turistico o a cornice folkloristica, Machaby ricorda che le radici di questa terra affondano anche – e forse soprattutto – nella sua storia spirituale. Non come imposizione, ma come patrimonio condiviso, costruito nei secoli da comunità che hanno saputo resistere, adattarsi, custodire. Difendere luoghi come questo non significa guardare indietro, bensì scegliere consapevolmente cosa vogliamo portare con noi nel futuro. Perché l’autonomia valdostana non vive solo nelle leggi e nelle istituzioni, ma anche nella memoria, nei simboli, nei silenzi abitati che raccontano chi siamo. E Machaby, più che un santuario, resta così una soglia: tra fede e cultura, tra passato e presente, tra una Valle d’Aosta che ricorda e una che decide di non dimenticare.





