Chez Nous - 24 dicembre 2025, 08:00

Finances publiques sous les ponts

Finanziaria da sotto i ponti

Finances publiques sous les ponts

C’è un’immagine che più di altre restituisce il senso della manovra appena approvata dal Senato: una finanziaria che non guarda in alto, non costruisce, non investe, ma si rifugia sotto i ponti. Al riparo dalle responsabilità, dalle scelte vere, dalla fatica di governare. Una manovra povera di visione, timida quando non addirittura rinunciataria, tenuta insieme più dalla propaganda che dalla coerenza economica.

La maggioranza l’ha venduta come una legge “prudente”, “responsabile”, “attenta ai conti”. Tradotto: una manovra che rinvia, taglia dove è più facile e non affronta nessuno dei nodi strutturali del Paese. Nessuna riforma fiscale degna di questo nome, nessuna politica industriale, nessuna risposta credibile su salari, produttività, sanità, scuola. E soprattutto, nessuna verità detta fino in fondo agli italiani.

In questo scenario, le osservazioni di Carlo Calenda e Matteo Renzi – per una volta convergenti – non sono grida nel deserto, ma una fotografia piuttosto nitida della realtà. Calenda ha parlato di una manovra che non sostiene la crescita e che si limita a “galleggiare”, evitando accuratamente qualsiasi scelta impopolare oggi, anche a costo di scaricare tutto sul domani. Renzi, dal canto suo, ha smontato una per una le narrazioni della maggioranza, denunciando una finanziaria fatta di bonus spot, coperture fragili e annunci che evaporano alla prima verifica dei numeri.

Ed è qui che casca il palco. Perché le bugie raccontate dalla maggioranza sono tante e ripetute con metodo. La prima: dire che “non ci sono risorse”. Le risorse ci sono sempre, se si decide dove metterle. Qui si è scelto di non investire. La seconda: raccontare che questa manovra “difende i più deboli”. In realtà difende soprattutto l’inerzia, lasciando famiglie e imprese schiacciate da un fisco complicato e da servizi pubblici sempre più fragili. La terza bugia è quella della stabilità: una stabilità apparente, costruita rinviando problemi e caricando tensioni sulle prossime leggi di bilancio.

Sotto i ponti, appunto. Lì dove si ripara chi non vuole esporsi, chi preferisce aspettare che passi la piena senza chiedersi cosa succederà dopo. Una finanziaria che non parla ai giovani, che non incentiva il lavoro di qualità, che non mette mano alla sanità pubblica se non con micro-interventi tampone. Una manovra che rinuncia a guidare e si limita a sopravvivere.

Il punto politico, però, è ancora più serio. Perché una maggioranza che racconta una realtà diversa da quella che approva in Parlamento non sta solo facendo propaganda: sta indebolendo il rapporto di fiducia con il Paese. E quando Calenda e Renzi – con storie e responsabilità diverse – mettono il dito nella stessa piaga, forse vale la pena ascoltare, invece di liquidare tutto come “opposizione pregiudiziale”.

Questa finanziaria non è né coraggiosa né riformista. È una manovra di galleggiamento, buona per tirare a campare, pessima per costruire futuro. E il rischio è che, continuando così, sotto quei ponti non ci finisca solo la legge di bilancio, ma l’idea stessa di uno Stato capace di programmare, scegliere e assumersi delle responsabilità.

Finanziaria da sotto i ponti

Il y a des lois de finances qui regardent loin, qui dessinent un avenir. Et puis il y a celle que le Sénat vient d’approuver : une loi de finances qui vit sous les ponts. À l’abri. Cachée. Recroquevillée. Une manœuvre budgétaire sans colonne vertébrale, qui ne construit rien et n’assume rien.

La majorité la décrit comme « prudente », « responsable », « réaliste ». Traduction : une loi de finances qui n’ose rien, qui reporte tout et qui espère passer l’hiver sans faire de vagues. Pas de réforme fiscale digne de ce nom, pas de stratégie industrielle, pas de réponse sérieuse sur les salaires, la santé, l’école ou la productivité. Juste un exercice de survie politique.

Dans ce désert d’idées, les critiques de Carlo Calenda et Matteo Renzi tombent juste. Calenda parle d’un budget qui ne soutient ni la croissance ni la compétitivité, une manœuvre qui flotte comme une épave, incapable de choisir une direction. Renzi, lui, démonte la fable pièce par pièce : bonus gadgets, chiffres maquillés, promesses qui fondent plus vite que la neige au soleil.

Et les mensonges ? Ils sont nombreux, répétés, méthodiques. Premier mensonge : « il n’y a pas d’argent ». Faux. Il y a toujours de l’argent pour ce qu’on décide de faire. Ici, on a simplement décidé de ne rien faire. Deuxième mensonge : « cette loi protège les plus faibles ». En réalité, elle protège surtout l’immobilisme, pendant que les familles et les entreprises continuent à payer l’addition. Troisième mensonge : la fameuse « stabilité ». Une stabilité de carton-pâte, construite à coups de reports et de dettes politiques.

Sous les ponts, donc. Comme ceux qui se cachent pour éviter les responsabilités. Une loi de finances qui ne parle ni aux jeunes, ni au travail, ni à l’avenir. Une manœuvre qui se contente de colmater, de bricoler, de gagner du temps.

Mais le vrai problème est politique. Une majorité qui raconte une chose et en vote une autre au Parlement ne fait pas seulement de la propagande : elle fragilise la confiance démocratique. Et quand Calenda et Renzi, pourtant très différents, pointent exactement les mêmes failles, le problème n’est peut-être pas l’opposition, mais le vide au pouvoir.

Cette loi de finances n’est ni courageuse ni réformatrice. C’est un budget de survie, bon pour tenir quelques mois, mauvais pour construire un pays. À force de rester sous les ponts, on finit par y perdre non seulement la vision, mais aussi la dignité politique.

piero.minuzzo@gmail.com

SU