È passato un anno dalla morte di Augusto Rollandin e la politica valdostana, anche quando prova a guardare altrove, continua a fare i conti con la sua assenza. Un’assenza che pesa, perché Rollandin non è stato soltanto un presidente, un leader di partito o un amministratore di lungo corso: è stato una presenza costante, ingombrante, divisiva e identitaria, capace di segnare per quasi mezzo secolo la vita politica della Valle d’Aosta e dell’Union Valdôtaine.
A dodici mesi di distanza, il clamore delle polemiche si è attenuato. Restano i ricordi, le immagini, le parole dette senza mediazioni, quel modo tutto suo di stare sulla scena pubblica senza mai arretrare di un passo. Rollandin non chiedeva consenso: lo occupava. E quando c’era, nel bene e nel male, si sentiva.
La sua parabola politica affonda le radici nel territorio. Nato a Brusson, nel 1949, laureato in medicina veterinaria, Augusto Rollandin inizia il suo percorso politico nel 1975, quando viene eletto sindaco del Comune di Brusson. È l’inizio di una lunga storia istituzionale che prosegue nel 1978 con la prima elezione in Consiglio regionale. Da lì in avanti, la sua ascesa è rapida e costante: dal 1984 al 1990 ricopre la carica di Presidente della Giunta regionale, in una fase delicata per il consolidamento dell’autonomia valdostana e degli equilibri politici interni.
Nel 1998 diventa Presidente dell’Union Valdôtaine, assumendo la guida del movimento autonomista in una stagione complessa, fatta di consenso popolare, conflitti interni e profonde trasformazioni. Dal 2001 al 2006 è Senatore della Repubblica, eletto nel collegio uninominale della Valle d’Aosta, portando a Roma una rappresentanza diretta, spesso scomoda, sempre rivendicata come espressione dell’autonomia speciale.
Il ritorno pieno sulla scena regionale avviene nel 2008, quando viene rieletto in Consiglio Valle e assume nuovamente la carica di Presidente della Regione, guidando l’Esecutivo per l’intera Legislatura. Una leadership confermata anche negli anni successivi: già presidente nella Legislatura precedente, viene rieletto con 18 schede a favore, segno di un peso politico che, nonostante le contestazioni crescenti, restava determinante negli equilibri dell’aula.
Negli ultimi anni della sua vita pubblica, però, la figura di Rollandin è stata fortemente messa in discussione. Le contestazioni, le critiche, le fratture politiche e personali hanno segnato una fase finale difficile, dolorosa, spesso aspra. Ma fermarsi a quell’epilogo significherebbe tradire la complessità di una storia lunga mezzo secolo. Perché prima c’è stato il costruttore di potere, il conoscitore profondo della macchina regionale, l’uomo che parlava ai sindaci, ai militanti, ai valligiani, senza filtri né sovrastrutture.
Per l’Union Valdôtaine è stato tutto insieme: leader carismatico, riferimento identitario, figura divisiva, simbolo di un’epoca. Amato senza riserve da una parte del suo popolo, contestato duramente da un’altra, non è mai stato indifferente a nessuno. E in politica l’indifferenza è l’unica vera sconfitta.
Un anno dopo, quello che manca non è solo l’uomo, ma anche un certo modo di fare politica: fisico, diretto, imperfetto, a volte brutale, ma profondamente radicato nel territorio e nelle sue dinamiche reali. In un tempo di leadership leggere e di parole misurate, Augusto Rollandin resta una figura ingombrante anche da assente.
Forse il senso più profondo della sua eredità sta proprio qui: nel fatto che, pur non essendoci più, continui a dividere, a far discutere, a essere evocato. I grandi personaggi non scompaiono con la morte. Restano nei ricordi, nei silenzi, nelle scelte di chi viene dopo. E la Valle d’Aosta, volente o nolente, è ancora figlia anche di Augusto Rollandin.
Un anno senza di lui.
E, piaccia o no, si sente che manca.





