C’è una cultura che non fa rumore, non cerca palcoscenici e non ha bisogno di slogan. È la cultura che nasce nei paesi, nelle associazioni, nelle cucine e negli archivi familiari. L’Atelier, la nuova rivista dell’Associazione L’Atelier de Gaby, appartiene pienamente a questa tradizione: una cultura paziente, ostinata, profondamente radicata nel territorio.
Diretta dal giornalista francofono François Stévenin, la rivista si presenta fin dal titolo come ciò che vuole essere davvero: una finestra aperta sul paese. Non una vetrina, ma uno spazio di incontro, di racconto e di restituzione collettiva. Un luogo editoriale dove il sapere locale dialoga con la ricerca, dove il passato incontra il futuro e dove ogni abitante può riconoscersi.
Gaby è un piccolo comune della Valle d’Aosta orientale, in Valle del Lys, incastonato tra Issime e Gressoney-Saint-Jean. Un territorio di montagna che conserva una forte identità linguistica e culturale, espressa nella móda dou Gòbi, varietà locale del francoprovenzale.
Il primo numero de L’Atelier è già, di per sé, una dichiarazione d’intenti. Si apre con “Gaby, la longue route vers la liberté communale”, un contributo firmato dallo stesso Stévenin che ripercorre il cammino storico del paese verso l’autonomia amministrativa. Una scelta non casuale: perché anche a livello comunale, la libertà è sempre una conquista, mai un dato acquisito.
Ampio spazio è dedicato agli Eventi, a partire dalla grande partecipazione alla presentazione del Ditsiounèri de la móda dou Gòbi, curato da Etty De La Pierre e Paola Alberta Lazier. Un’opera che non è solo un dizionario, ma un atto politico nel senso più alto: fissare su carta una lingua significa riconoscerle dignità, futuro e diritto di cittadinanza.
La rivista dà voce poi ai Volti e alle voci della comunità. Dal Diario di Arsène Jaccond, curato da Federica Stévenin, alla riflessione sulla scuola di un tempo come patrimonio da ritrovare, firmata da Fernanda Bastrenta, Etty De La Pierre e Antonella Nicco. Racconti che tengono insieme memoria individuale e storia collettiva.
Non mancano i Percorsi di ricerca, con approfondimenti che spaziano dalle cantine fredde alla moyenne montagne valdostana, fino alle tradizioni rituali come il brandon di Carnevale. Qui la cultura locale non è folklore da cartolina, ma materia viva di studio e di riflessione.
Cuore pulsante della rivista resta naturalmente la móda dou Gòbi, raccontata anche attraverso giochi linguistici, spazi per i più piccoli come lou Tockyi Vèrt e pagine pensate per trasmettere la lingua alle nuove generazioni. Perché una lingua sopravvive solo se viene usata, amata e giocata.
Fondata nel 2017, l’Associazione L’Atelier de Gaby conta oggi circa 48 soci tra fondatori, operativi e sostenitori. Donne e uomini che, ciascuno a modo suo, contribuiscono alla tutela e alla trasmissione di un patrimonio che non è solo linguistico o storico, ma profondamente umano.
L’Atelier è questo: non un prodotto editoriale calato dall’alto, ma una costruzione collettiva. Un invito a raccontarsi, a partecipare, a sentirsi parte di qualcosa di più grande. In un tempo in cui i piccoli paesi rischiano di diventare solo luoghi di passaggio, questa rivista ricorda che una comunità esiste finché ha una voce. E finché qualcuno sceglie di ascoltarla.
Dans une Région autonome, la culture locale n’est pas un ornement, mais un fondement. Défendre la móda dou Gòbi, raconter l’histoire communale de Gaby, transmettre les savoirs et les voix d’un territoire, ce n’est pas céder à la nostalgie: c’est exercer l’autonomie dans sa forme la plus concrète. Une autonomie qui ne vit pas seulement dans les statuts et les compétences, mais dans les communautés qui la pratiquent, la parlent et la font vivre chaque jour. Sans ces lieux de parole et de mémoire, l’autonomie s’appauvrit; avec eux, elle trouve encore un avenir.






