Aosta Capitale - 16 dicembre 2025, 20:04

Aosta, una città che si misura dalle sue fragilità

Con il PEBA Aosta compie finalmente un salto culturale prima ancora che urbanistico. Un atto politico atteso, costruito nel tempo, che affonda le radici nel lavoro avviato già durante la Giunta Nuti e che oggi, grazie all’impegno dell’assessore Corrado Cometto, prova a ridisegnare la città a partire dai diritti, dall’ascolto e dalla dignità delle persone

L'assessore Cometto illustra il Peba

L'assessore Cometto illustra il Peba

Una città si giudica da come tratta chi fa più fatica. Non è retorica, è urbanistica, è politica nel senso più alto del termine. Per questo l’avvio del percorso di redazione del Piano di eliminazione delle barriere architettoniche della città di Aosta non è una semplice notizia amministrativa, ma un segnale forte, finalmente all’altezza dei tempi. Era tempo di un’azione politica così importante, strutturata, consapevole. E va riconosciuto che questo lavoro non nasce oggi per caso, ma si inserisce in un impegno portato avanti con continuità già durante la Giunta Nuti e oggi raccolto e rilanciato con convinzione dall’assessore Corrado Cometto.

Non a caso Cometto tiene a chiarire subito che «l’eliminazione delle barriere architettoniche non è un tema nuovo per l’amministrazione pubblica: si lavora su questo fronte da decenni, in particolare a partire dalla legge del 1989, con interventi che hanno riguardato soprattutto edifici pubblici, spazi aperti, strade e marciapiedi, concentrandosi prevalentemente sulle barriere fisiche». Ma è proprio qui il punto: per troppo tempo si è proceduto per interventi isolati, spesso emergenziali, senza una visione complessiva.

Il PEBA, invece, segna una discontinuità vera. «Rappresenta un salto di qualità importante. Non è solo un elenco di interventi, ma uno strumento di programmazione che consente di leggere la città in modo sistematico, definire priorità chiare e coordinare nel tempo le risorse disponibili». Parole che pesano, perché chiamano la politica alle proprie responsabilità: scegliere, programmare, mettere ordine.

La presentazione del percorso, ospitata oggi nel Salone Ducale del Municipio, ha sancito l’avvio ufficiale di un iter partito con una deliberazione di Giunta nel mese di maggio e concretizzatosi con l’affidamento a un professionista esperto, anche grazie a un finanziamento regionale. Un passaggio tutt’altro che scontato, che restituisce dignità a un tema spesso confinato ai margini dell’agenda pubblica.

Ma l’aspetto forse più interessante è il metodo. «Il Piano verrà costruito nell’arco di circa un anno e prevederà un percorso di confronto e ascolto con cittadini, associazioni e portatori di interesse, perché l’accessibilità non si progetta solo sulla carta ma nasce dall’esperienza concreta di chi la città la vive ogni giorno». Qui c’è una visione di città come organismo vivo, non come somma di marciapiedi e rampe.

Ed è proprio allargando lo sguardo che il PEBA mostra tutta la sua portata sociale. «La vera novità è anche l’ampliamento dello sguardo: accanto alle barriere fisiche, il PEBA affronta quelle percettive, sensoriali e cognitive, che spesso non si vedono ma incidono in modo altrettanto significativo sulla qualità della vita delle persone». Orientamento, leggibilità degli spazi, segnaletica, illuminazione, sicurezza dei percorsi, fruibilità complessiva degli ambienti urbani: dettagli solo in apparenza, che in realtà determinano inclusione o esclusione.

Non è un piano “per pochi”. «In questo senso il PEBA non riguarda solo le persone con disabilità, ma contribuisce a costruire una città più accessibile, comprensibile e accogliente per tutti: anziani, bambini, persone con difficoltà temporanee e, più in generale, per chiunque viva e attraversi lo spazio pubblico». È la città delle carrozzine, sì, ma anche dei passeggini, delle stampelle, degli anziani che rallentano, dei turisti che si orientano male, dei cittadini che vogliono sentirsi a casa.

Il percorso sarà partecipato, e non per modo di dire. Oltre al confronto con le associazioni, l’Amministrazione ha scelto di coinvolgere direttamente la popolazione attraverso un questionario online, aperto per due mesi, con cui i cittadini potranno segnalare criticità e contribuire alla mappatura dei problemi reali. Un atto di fiducia verso la comunità, che diventa co-autrice delle scelte future.

Il PEBA, una volta adottato, diventerà anche paradigma per tutti gli interventi di progettazione pubblica a venire, e potrà essere un riferimento anche per i privati. Un cambio di mentalità che va oltre il singolo piano e interroga il modo stesso di pensare lo spazio urbano.

Resta una speranza, che qui vale la pena dichiarare apertamente: che questo percorso apra finalmente anche una riflessione seria sulle barriere meno visibili, comprese quelle che toccano la sfera affettiva, relazionale e sessuale delle persone con disabilità. Un tema spesso rimosso, imbarazzante per la politica, ma centrale per la qualità della vita e per il riconoscimento pieno della persona. Se l’accessibilità è davvero un diritto universale, allora non può fermarsi ai gradini e agli ascensori.

Aosta ha imboccato una strada giusta. Ora serve continuità, coraggio e la capacità di non tornare indietro. Perché una città più accessibile non è una concessione: è una misura di civiltà.

pi.mi.

SU