Il Palazzo sembra più un laboratorio di alchimisti che di consiglieri: dopo le elezioni, la falcidia ha colpito presunti intoccabili e presuntuosi trombati, lasciando i corridoi pieni di sguardi sospettosi e chiacchiere sussurrate. Chi fino a ieri contava su un titolo eterno oggi deve accontentarsi di contare passi e cancelli, mentre alcuni fino a ieri invisibili si muovono silenziosamente, pronti a risalire come funghi dopo la pioggia. È una danza lenta, fatta di piccoli spostamenti di poltrone e sorrisi studiati al millimetro.
La parola d’ordine rimane prudenza: strette di mano che sanno di tregua armata, apprezzamenti che nascondono frecciate e complimenti che lasciano intendere: “oggi sto zitto, ma ricorda che non dimentico”. I trombati, da parte loro, girano come fantasmi: alcuni continuano a sperare che le luci del Palazzo tornino a illuminarli, altri hanno imparato l’arte di farsi vedere senza farsi contare. Una nuova generazione di giocatori silenziosi osserva, annota, e aspetta che le vecchie glorie si mostrino vulnerabili.
Le telefonate risolutive restano un mito, i comunicati ufficiali una leggenda. Eppure tutti parlano di tutti: “un certo soggetto”, “quel duo che si credeva immortale”, “chi pensava di non tramontare mai”. Le allusioni volano più veloci delle mail, e lasciano dietro sorrisi tirati, occhi al cielo e qualche ghigno malizioso.
Babbo Natale politico ha un’agenda fitta: tra richieste di poltrone leggere, conferme impossibili e desideri di invisibilità fino alla prossima tornata, la lista dei regali da consegnare è lunga. Chi è stato trombato sogna un ritorno glorioso, chi è sopravvissuto si gode il silenzio strategico. La regola è chiara: i regali si fanno a chi merita, le poltrone a chi sa attendere… o muoversi al momento giusto.
Il sipario resta mezzo chiuso. Ma dietro le tende, i fantasmi delle vecchie presenze sbirciano già: chi applaudirà, chi fischierà, chi osserverà, consapevole che nel teatro della Valle d’Aosta le repliche spesso sono più gustose dello spettacolo principale. E mentre i trombati imparano a convivere con la memoria del consenso perduto, i nuovi arrivati si godono il piacere di muoversi senza la pressione di chi si credeva eterno. Ma tutti rirano per la giacca Renzo Testolin, presidente della Regione.





