Governo Valdostano - 03 dicembre 2025, 10:12

Il governo regionale respinge l’accusa di immobilismo sul “lavoro povero”

Testolin rivendica gli aumenti del comparto pubblico e annuncia verifiche: ma l’opposizione incalza su esclusioni, cantieri sociali e salari da 5 euro l’ora

Andrea Manfrin

Andrea Manfrin

È stato un confronto teso, a tratti quasi ruvido, quello andato in scena in Consiglio regionale sul tema — spinoso e spesso frainteso — del “lavoro povero”. Non un concetto astratto, ma stipendi reali, famiglie, carrelli della spesa che si alleggeriscono mentre l’inflazione non dà tregua. L’interpellanza presentata dai gruppi Lega Vallée d’Aoste e La Renaissance Valdôtaine ha acceso i riflettori sul possibile paradosso: il settore pubblico, considerato tradizionalmente un argine alla precarietà, rischia esso stesso di essere terreno di “povertà lavorativa”?

Andrea Manfrin, Capogruppo Lega VdA, ha puntato dritto: «Serve una ricognizione seria sugli emolumenti dei dipendenti pubblici, perché se parliamo di lavoro di qualità dobbiamo parlare anche di retribuzioni. Vale per il privato, deve valere per la Pubblica amministrazione». Una frecciata nemmeno troppo implicita all’Assessore Bertschy e alle sue recenti dichiarazioni in cui ipotizzava una strategia più ampia, più coraggiosa, per colmare il divario crescente tra profitti e salari.

Il governo regionale non è rimasto in silenzio, anzi, ha risposto mettendo sul tavolo numeri e cornici normative. «Con l’ultimo rinnovo contrattuale 2022-2024 è stato riconosciuto un incremento di quasi tre volte tanto rispetto agli aumenti nazionali», ha rivendicato il Presidente Renzo Testolin, intenzionato — almeno nelle parole — a smontare la narrazione dell’immobilismo. Testolin ha elencato procedure, verifiche, allineamenti e persino i recenti meccanismi introdotti dal decreto legge 25/2025 che consentirebbero di “armonizzare” i trattamenti accessori con il comparto Funzioni centrali. Tutto vero, tutto molto tecnico. Forse troppo tecnico per chi il problema se lo ritrova a fine mese, davanti alle bollette.

«Queste regole — ha puntualizzato Testolin, tirando il freno — rientrano in valutazioni che si confrontano con il dettato normativo e con una capacità di spesa che non è infinita». Tradotto: sì, si valuta, ma senza promettere la luna. E il messaggio di fondo è abbastanza chiaro: nel pubblico come nel privato, la coperta resta corta.

La replica di Manfrin è stata meno diplomatica e più politica. «Siamo lieti della presa in carico, ma nel comparto regionale ci sono criticità enormi: gli operatori socio-assistenziali esclusi dall’indennità di attrattività sanitaria hanno subito un trattamento umiliante. E che dire dei progetti con emolumenti da 5 euro l’ora? Potreste integrarli. Perché non lo fate?». Il nodo è tutto lì, in quella domanda finale che ha il tono della provocazione ma anche dell’invito a smettere di girarci intorno.

L’impressione — e non sarà certo l’ultima volta — è che la partita sul lavoro povero sia appena iniziata. Il governo regionale ha marcato le proprie ragioni, l’opposizione ha individuato il tallone d’Achille. Nel mezzo, il mondo reale: dipendenti pubblici che aspettano risposte, progetti sociali che rischiano di diventare contraddizioni viventi e famiglie che non possono permettersi di attendere la velocità lenta e impassibile della burocrazia. Il dibattito resta aperto — e non solo nei verbali consiliari.

je.fe.

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