Antonella Palermo – VN
“Non ci lasciamo”. Le parole con le quali, all'aeroporto internazionale di Beirut dopo la Messa presieduta al Waterfront della capitale, il Pontefice si congeda dal Paese dei cedri e con cui termina il suo primo viaggio apostolico – tanto desiderato e preparato dal predecessore Francesco – sono parole di grande dolcezza, speranza, ringraziamento per aver vissuto incontri che gli hanno trasmesso una forte energia interiore.
Il suo è un abbraccio che si estende a tutto il popolo, in particolare alle regioni dove imperversano il conflitto e l’instabilità. Ad accoglierlo, prima di decollare e far rientro a Roma, il presidente della Repubblica Joseph Aoun e i rappresentanti istituzionali civili e religiosi. Alberi di ulivo adornano l’area allestita per i saluti delle delegazioni e i riti della guardia d’onore.
Aoun si fa portavoce della volontà di impegnarsi sulla via della pace. “Abbiamo percepito la profondità del suo amore per il Libano e il suo popolo – sottolinea il capo di Stato – e la sincerità del suo desiderio di vedere una nazione di missione, dialogo, apertura, libertà e dignità per ogni essere umano”. Esalta la fedeltà di questo popolo che, afferma, merita la vita e ne è degno. Il grazie a Leone XIV per l’ascolto, la speranza e il conforto che qui ha portato.
La pace – parola che ha attraversato l’intera permanenza del Papa in queste terre tra Oriente e Occidente – è ciò che invita a coltivare nel futuro. E, mentre nel suo discorso finale non nasconde che “partire è più difficile che arrivare” e che porterà nel cuore la cultura in cui è entrato “con delicatezza”, Leone rassicura: “Essendoci incontrati, andremo avanti insieme”. E aggiunge: “Speriamo di coinvolgere in questo spirito di fraternità e di impegno per la pace tutto il Medio Oriente, anche chi oggi si considera nemico.”
Il pensiero va poi a Papa Francesco che “cammina con noi insieme a tanti altri testimoni del Vangelo”. Sottolinea il particolare legame con chi ci precede nel segno della fede, da cui ereditiamo l’amore che ha animato la loro vita.
Non è estranea al Papa la sofferenza della gente del sud del Libano, tanto che la ricorda in modo esplicito. Elenca le terre che “non è stato possibile visitare”: Tripoli e il nord, la Beqaa, il sud del Paese, Tiro, Sidone, i luoghi biblici; tutte le zone che attualmente vivono una situazione di conflitto e incertezza. Anche alle popolazioni di quest’area va l’affetto del Pontefice.
A tutti l’auspicio di restare “forti come cedri”. A tutti l’abbraccio, unito alla raccomandazione: “Cessino gli attacchi e le ostilità”, affinché – conclude – il Libano possa davvero incarnare quel messaggio di convivenza che già cinquant’anni fa San Giovanni Paolo II aveva attribuito al Paese. La benedizione apostolica si fonde con il ringraziamento pronunciato anche in arabo.
“A tutti il mio abbraccio e il mio augurio di pace. E anche un accorato appello: cessino gli attacchi e le ostilità. Nessuno creda più che la lotta armata porti qualche beneficio. Le armi uccidono, la trattativa, la mediazione e il dialogo edificano. Scegliamo tutti la pace come via, non soltanto come meta!”
Il Successore di Pietro accenna ai momenti significativi che hanno caratterizzato il contatto con le radici spirituali della nazione e che gli hanno permesso di apprezzare la venerazione, condivisa anche con i musulmani, della Vergine Maria. Ricorda anche la breve ma profondamente toccante visita al porto di Beirut, dove l’esplosione di cinque anni fa “ha devastato non soltanto un luogo, ma tante vite”.
“Ho pregato per tutte le vittime e porto con me il dolore e la sete di verità e di giustizia di tante famiglie, di un intero Paese.”





