l 25 novembre è una data che pesa, ogni anno di più. La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne – istituita dall’ONU nel 1999 e dedicata alla memoria delle sorelle Mirabal, attiviste dominicane assassinate dal regime di Trujillo nel 1960 – è diventata un punto fermo per riflettere su un dramma globale che continua a togliere vita, dignità e futuro.
Una ricorrenza che ha scoperchiato storie rimaste troppo a lungo ai margini, dai femminicidi di Ciudad Juárez fino alle tragedie più recenti che hanno scosso l’Italia. Il nome di Giulia Cecchettin si è trasformato in un simbolo. Lo stesso vale per Giulia Tramontano, Sara Campanella e per tutte quelle donne che non avrebbero mai dovuto essere ricordate così. Ogni volta è una ferita collettiva che si riapre, e ogni volta il patriarcato si manifesta nella sua forma più brutale.
È in questo contesto che il Coordinamento Nazionale Docenti dei Diritti Umani rinnova il suo impegno accanto alle scuole italiane. «È il momento di scegliere da che parte stare, e noi stiamo dalla parte della memoria, della dignità e dell’educazione», sottolinea la prof.ssa Rossella Manco, Segreteria Nazionale CNDDU.
Il messaggio è chiaro: serve prevenzione, serve consapevolezza, serve una scuola che non abbia paura di parlare di violenza. «L’educazione civica, emotiva e relazionale non sono accessori — spiega Manco — ma fondamenta per formare cittadini rispettosi, capaci di riconoscere gli stereotipi e di smontare le radici culturali che generano dominio e sopraffazione».
Per il 25 novembre, il CNDDU invita tutti gli istituti di I e II grado a introdurre gesti semplici, ma potenti.
Una sedia vuota in ogni aula, dedicata alle vittime.
Scarpe rosse all’ingresso della scuola, monito universale contro l’indifferenza.
Il “Signal for Help” esposto sulle porte, accompagnato da un fiocchetto arancione, colore della campagna ONU Orange the World.
«Questi simboli parlano, e parlano forte — afferma Manco — perché ricordano alle nostre studentesse che non sono sole e ai nostri studenti che hanno una responsabilità nella costruzione di una società non violenta».
Il percorso formativo proposto dal CNDDU si concentra quest’anno sul tema Il Codice Rosso e le tutele delle vittime. Un modo per far comprendere agli studenti il quadro legale, i diritti, la protezione possibile, ma anche i limiti e le fragilità del sistema. Attraverso dibattiti, testimonianze, video e lavori creativi, ogni classe potrà produrre un cartellone o un elaborato digitale che verrà poi pubblicato sul sito del CNDDU.

«I giovani non sono spettatori — insiste Manco — ma protagonisti del cambiamento culturale di cui abbiamo disperatamente bisogno».
Nel cuore del suo messaggio, la professoressa usa parole nette, senza giri di frase: «La violenza non è un destino a cui ci si deve rassegnare. E il silenzio non è un rifugio: è una prigione».
E ancora: «L’educazione è la rivoluzione più autentica che possiamo mettere in campo. È nelle scuole che nasce il futuro, ed è lì che dobbiamo seminare rispetto, empatia e libertà».
Il richiamo all’ONU e all’Agenda 2030 (Obiettivo 5: uguaglianza di genere) è un invito concreto a trasformare la consapevolezza in azione quotidiana. A docenti e studenti spetta il compito di tenere viva la promessa: ricordare chi non può più parlare e camminare accanto a chi ha ancora paura.
Perché davvero — come ricorda la prof.ssa Manco — «mai più una donna deve morire per mano di un uomo. E soprattutto, non deve morire per mano dell’uomo che diceva di amarla».





