Come ogni anno quando ci si avvicina al 25 novembre, la Polizia di Stato rimette al centro un tema che tocca la carne viva del Paese: la violenza contro le donne. E lo fa con una campagna che ormai è diventata un presidio culturale prima ancora che istituzionale. “…questo NON è AMORE” non è uno slogan da ricorrenza, ma un progetto permanente, costruito per portare le forze dell’ordine fuori dagli uffici e in mezzo alle persone, nei luoghi pubblici dove spesso le storie di violenza iniziano a trovare un varco per essere raccontate.
L’obiettivo è doppio: informare e far sentire meno sole le donne che vivono situazioni di pericolo. Si parte da un dato semplice e tragico: molte non denunciano, schiacciate dalla paura, dalla vergogna, o da una sfiducia che riguarda non solo le istituzioni ma il mondo che le circonda. Per questo, nella filosofia della campagna, la presenza è la prima forma di protezione: ascolto, accoglienza, informazione.
Le Questure, ogni anno, organizzano eventi e presìdi in tutta Italia. È lì che la cittadinanza risponde, si avvicina, fa domande. Ed è lì che, spesso, qualcuno trova il coraggio di rompere il silenzio. Durante questi incontri viene distribuito anche un opuscolo — cartaceo e digitale — che raccoglie strumenti pratici: numeri utili, indirizzi dei centri antiviolenza, riferimenti normativi, storie di donne che ce l’hanno fatta. Un piccolo manuale di sopravvivenza e di possibilità.
Per la nona edizione, quella del 2025, nella prefazione della brochure il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ricorda che “La violenza contro le donne non è mai un numero: è una vita violata, una dignità calpestata, un dolore che attraversa l’intera società. Non possiamo limitarci a contarne i casi: ogni femminicidio è una ferita che riguarda tutti”. Parole che provano a riportare la questione nella sua dimensione reale: ogni storia è una persona.
La testimonial di quest’anno è Michelle Hunziker, che da tempo è attiva sui temi della violenza di genere. Nel suo messaggio spinge sul cuore della questione: “Denunciare non è un obbligo né una condanna, semmai un’opportunità. È il primo passo per essere, o tornare a essere, sicure, autonome, libere”. E richiama alla necessità di un cambiamento che non sia solo normativo, ma culturale: un salto collettivo, a partire dai più giovani.
La campagna “…questo NON è AMORE” non si ferma però alle vittime. Con il Protocollo Zeus, attivo in sinergia con questure, centri specializzati e ospedali, si prova a intervenire anche sugli autori di violenza. Quando scatta l’ammonimento del Questore, la persona viene indirizzata verso percorsi psicologici mirati. E, in diversi casi, chi accetta di entrarvi riesce davvero a interrompere la spirale della violenza, riducendo il rischio di recidiva. È un tassello delicato, ma fondamentale.
La Polizia di Stato, negli ultimi anni, ha ampliato anche le collaborazioni con associazioni, servizi sociali, centri antiviolenza e realtà civiche, sottoscrivendo protocolli che permettono di condividere informazioni e metodi di intervento. Una rete che si muove insieme e che considera vittime non solo le donne, ma anche i figli esposti alla violenza domestica.
Più che una campagna è un ecosistema: prevenzione, ascolto, formazione, responsabilizzazione. Un lavoro lento, quotidiano, che prova a trasformare l’idea stessa di sicurezza in una forma di vicinanza. Perché, come ricordano quest’anno gli organizzatori, riconoscere cosa non è amore è il primo passo per tornare a vivere.





