Sulla pagina Facebook di ADU (Ambiente, Diritti e Uguaglianza) è apparso un post dal titolo che sa di trailer hollywoodiano: “Pirogassificatore 2 – La vendetta?”.
Non è fantascienza, ma politica regionale. E non è nemmeno una battuta.
Il post ci riporta al 2012, quando un referendum sancì chiaramente la volontà popolare: niente termovalorizzatore, inceneritore, pirogassificatore o qualunque altro nome in codice si voglia usare. I valdostani dissero no. Punto.
Ma ecco che, nel programma della nuova Giunta regionale, spunta una frase apparentemente innocua: “Valutazione di nuove tecnologie di trattamento dei rifiuti che garantiscano assoluta sostenibilità…”.
Letta una volta, sembra green.
Letta due volte, suona come un déjà-vu.
Letta tre volte, viene voglia di chiedere: “Scusate, ma non è che ci state riprovando?”.
Ora, io non sono un complottista. Però i miei neuroni, quando sentono “nuove tecnologie” e “trattamento rifiuti”, iniziano a fare il trenino del sospetto. E mi sorge spontanea una domanda: con tutta la rabbia che sta montando attorno alla nuova tassa TARIP – aumenti consistenti, orari rigidi, cestelli maleodoranti sul balcone – dite che è peccato pensare che qualcuno, tra virgolette, potrebbe proporre un bel pirogassificatore come soluzione salvifica?
“Con questo impianto risparmierete, semplificheremo la raccolta, direte addio ai bidoni puzzolenti!” – e via con il solito mantra: “Le nuove tecnologie oggi garantiscono…”.
Già sentito. Già bocciato.
Ma oggi, con la TARIP che morde, siamo sicuri che il referendum vincerebbe ancora?
Il problema, però, non è solo il pirogassificatore. È il metodo.
Troppo spesso, su temi che toccano la pelle dei cittadini – rifiuti, tariffe, servizi – si impone dall’alto, si decide in stanze chiuse, si ascolta solo chi è già d’accordo. I consulenti sono di parte, i controllori sono controllati, e i cittadini? Spettatori paganti.
Eppure, basterebbe poco.
Basterebbe creare tavoli di lavoro veri, con Regione, Comuni, associazioni e cittadini.
Basterebbe spiegare le scelte, non venderle come inevitabili.
Basterebbe tornare a quella collaborazione che in certi piccoli comuni – Saint-Marcel, per esempio – esiste ancora: dove l’assessore competente ti consiglia una compostiera per l’organico e ti spiega che, se la prendi, hai diritto a uno sconto; dove si ascolta prima di tassare.
Sindaci e assessori conoscono i problemi del territorio. Non aspettiamo che i cittadini sbaglino per punirli: aiutiamoli a non sbagliare. Perché il pianeta è uno solo e non ne abbiamo uno di riserva. E perché la partecipazione non è un fastidio: è l’unico antidoto alla sfiducia.
Lo dice bene un dirigente: “Chiedere un tavolo di lavoro per affrontare il tema rifiuti non è una rivendicazione generica, ma una proposta strutturata di modello territoriale, con una cabina di regia istituzionale che coinvolga utenti e associazioni”.
E allora, rispolveriamo anche questa battaglia: ascoltiamo i cittadini.
Ma davvero.
Non solo prima delle elezioni.





