C’è una cornice che, nel mondo del vino italiano, porta con sé un’aura speciale: la Kurhaus di Merano. Colonne, splendori liberty e calici che raccontano territori interi. Quest'anno, dal 7 all’11 novembre 2025, tra i protagonisti della 32ª edizione del Merano Wine Festival, c’era anche la Valle d’Aosta, con le sue aziende, i suoi vitigni rari e quella identità alpina che — quando viene capita — non si dimentica più.
Il Consorzio Vini Valle d’Aosta lo aveva annunciato con soddisfazione: una presenza importante, che si è trasformata in un racconto collettivo sul gusto in alta quota. E non solo un racconto: anche una nuvola di riconoscimenti.
Già prima delle degustazioni, Nicolas Bovard aveva parlato con parole chiare:
“La presenza e i riconoscimenti ottenuti al Merano Wine Festival testimoniano la costante crescita qualitativa e la forte identità dei vini valdostani,” dichiara il presidente del Consorzio Vini Valle d’Aosta, “un risultato che premia il lavoro, la passione e la visione di produttori capaci di interpretare con sensibilità contemporanea un territorio straordinario per storia e biodiversità.”
Nel cuore della Kurhaus si sono presentate La Crotta di Vegneron, Rosset Terroir e Cave Gargantua, selezionate per la sezione Bio & Dynamica, dove si assaggia ciò che nasce da vigneti coltivati con approccio naturale e attento alla vita del suolo.

La delegazione dell'azienda Rosset Terroir a Merano
Accanto a loro, nel banco assaggio del Kursaal, hanno partecipato anche Di Barro e la celebre Cave Mont Blanc, che continua a rappresentare con autorevolezza il vino d’alta quota e la sfida eroica dei viticoltori che salgono sino a lambire i ghiacci.
Il messaggio arrivato da Merano è duplice: riconoscimento della qualità e conferma della crescente riconoscibilità nazionale dei vini DOC Vallée d’Aoste.
La manifestazione è stata anche il momento dei prestigiosi WineHunter Award, che hanno premiato: Cave Gargantua, Rosset Terroir, La Crotta di Vegneron, Cave Mont Blanc, Di Barro, Cave des Onze Communes, La Source.
Una squadra ampia, che racconta non un caso isolato, ma una tendenza strutturale. E mentre a Merano si degustava, un’altra buona notizia è arrivata dalle guide: la Guida Vinibuoni d’Italia 2025 ha assegnato importanti menzioni a: Les Crêtes, Château Feuillet, Ottin Vini, Laurent Théodule
Una conferma ulteriore: i vini valdostani non solo piacciono, ma convincono, e continuano a scalare le selezioni nazionali grazie alla loro personalità.
Dal punto di vista istituzionale, la partecipazione di quest’anno segna un passo ulteriore nella strategia di valorizzazione:
“Con la partecipazione a eventi di livello internazionale,” si legge ancora nella nota del Consorzio, “rinnoviamo il nostro impegno nella promozione e valorizzazione del patrimonio enologico valdostano, ambasciatore d’eccellenza della regione nel mondo.”
Parole che non restano sospese, se viste accanto al percorso intrapreso sulla formazione tecnica, sulla comunicazione e su un mercato che guarda al futuro con attenzione alla sostenibilità e ai vitigni autoctoni.
Non è semplice parlare di Valle d’Aosta raccontando il vino senza finire nel folclore. A Merano, però, qualcosa è apparso chiaro: la DOC della regione più piccola d’Italia ha smesso di chiedere permesso ed è entrata a pieno titolo in quei salotti dove si riconosce chi merita.
La montagna, qui, non è limite. È nome e cognome.





