In Valle d’Aosta non si parla certo di numeri sterminati, ma quando quaranta persone rischiano il futuro, il tema diventa immediatamente concreto, reale, tangibile. Stavolta tocca a chi lavora per Telecontact, società controllata TIM, finita al centro di un’operazione che i sindacati non hanno esitato a definire per quella che è: l’ennesima cessione di ramo d’azienda con effetto collaterale prevedibile, ovvero lo scarico degli esuberi su una nuova realtà societaria.
I 40 valdostani non sono soli. Sono 1.600 in tutta Italia le lavoratrici e i lavoratori trasferiti alla DNA Srl, una società nuova di zecca, nata—dicono le organizzazioni sindacali—con un obiettivo troppo facile da immaginare: “liberare” la casa madre dei cosiddetti eccedenti senza chiamare le cose col loro nome.
Le parole sono pesanti, e rimbalzano da Roma ad Aosta passando per Ivrea. La UILcom Piemonte–Valle d’Aosta parla di “ennesima esternalizzazione a danno dei lavoratori, costretti da anni a pagare il prezzo delle scelte industriali sbagliate del gruppo”. Non meno duro il giudizio del segretario nazionale SILC CGIL Riccardo Saccone, secondo cui l’operazione “non ha alcun senso industriale” e risponde solo a una logica di alleggerimento contabile.
TIM, però, tira dritto. Le interlocuzioni al Ministero del Lavoro non hanno prodotto aperture. E quindi la risposta arriva nelle forme più classiche della mobilitazione sindacale: sciopero nazionale lunedì 17 novembre, astensione dal lavoro di due ore a fine turno fino al 16 dicembre, presìdi nelle città sede Telecontact: Caltanissetta, Catanzaro, Napoli, Roma, L’Aquila, Milano
Per i lavoratori della nostra regione, l’appuntamento è a Ivrea, in piazza Ferruccio Nazionale.
La vicenda è approdata anche in Parlamento grazie all’intervento dell’on. Antonino Iaria (M5S), che non ha usato giri di parole:
“Non si può continuare a spacchettare il gruppo TIM come fosse un supermercato, mentre il Governo Meloni resta fermo a guardare. Prima di qualsiasi passaggio societario servono trasparenza, numeri chiari e garanzie per chi lavora”.
Una stoccata politica evidente, che apre un dossier nazionale più che urgente: il futuro delle telecomunicazioni italiane e dei lavoratori che mandano avanti servizi essenziali, spesso con contratti e tutele al limite.
Siccome questa vicenda coinvolge persone, storie e famiglie valdostane, è naturale aspettarsi una presa di posizione istituzionale. Il riferimento è all’Assessore regionale allo Sviluppo economico e al Lavoro, Luigi Bertschy, anche vicepresidente della Regione. Domanda semplice semplice: che ne pensa? E, soprattutto: lunedì sarà accanto ai lavoratori in piazza?
Sarebbe un bel segnale, non solo simbolico. Già, perché quando di mezzo ci sono i giganti delle telecomunicazioni, troppe volte le Regioni si limitano ad allinearsi alla linea del Ministero dello Sviluppo Economico e del Lavoro: lasciar fare ai colossi, sperando che non pestino troppo i territori.
In attesa di sviluppi, una cosa è certa: questa storia riguarda anche noi, la nostra autonomia, la nostra idea di lavoro dignitoso e di economia non subalterna. Per questo, l’appello è semplice: le istituzioni valdostane escano dal silenzio; la politica regionale difenda chi lavora, non chi delocalizza diritti. E mentre si attendono le voci dei palazzi, una voce — come scrive Valle d’Aosta Aperta — è già arrivata forte e chiara: “Esprimiamo alle lavoratrici e ai lavoratori di Telecontact tutto il sostegno e la solidarietà possibile”.





