Tra il profumo dei crisantemi e il fruscio delle foglie d’autunno, il 2 novembre ad Aosta si celebra la memoria. Dopo la solennità di Tutti i Santi, che il giorno prima invita a guardare verso il cielo, la commemorazione dei defunti riporta i piedi — e il cuore — sulla terra. È il giorno in cui le famiglie risalgono i vialetti del cimitero cittadino, si fermano davanti ai nomi incisi nella pietra, accendono una candela e sussurrano una preghiera o un ricordo.
Alle 15.30, come ogni anno, il vescovo Franco Lovignana presiederà la Santa Messa al cimitero di Aosta, un momento che unisce la comunità nella gratitudine e nella nostalgia. È un rito collettivo che sa di fede, ma anche di umanità: non serve credere per capire che ricordare è un modo per restare interi.
Nella tradizione valdostana, il 2 novembre non è mai stato solo un appuntamento liturgico. È una giornata sospesa, in cui le case si svuotano e i cimiteri si riempiono. C’è chi porta i bambini “a salutare i nonni”, chi rinnova il fiore o riordina la tomba, chi si ferma in silenzio per sentire la presenza di chi non c’è più. In passato si lasciava anche un piatto a tavola, per i morti che “tornavano a visitare” la famiglia, o si evitava di fare rumore nelle ore notturne, per rispetto delle anime in cammino.
Oggi restano i gesti: l’accensione di una candela, il tocco freddo del marmo, un fiore deposto con tenerezza. Sono piccoli segni che attraversano il tempo, perché la morte — nella sua inevitabilità — non cancella l’amore, ma lo trasforma in memoria.
Il 2 novembre ricorda a ciascuno che la vita è un passaggio, ma anche un intreccio: tra il cielo e la terra, tra chi resta e chi ci precede. E forse proprio questo, più di ogni omelia, è il messaggio che continua a dare senso a una tradizione che ad Aosta, come altrove, non smette di essere viva.





