Chez Nous - 02 novembre 2025, 08:00

Les raisons du Non

Le ragioni del No

Les raisons du Non

C’è chi la chiama “riforma della giustizia”. In realtà è una riforma contro la giustizia. E il referendum che ci attende nelle prossime settimane sarà molto più di una consultazione tecnica: sarà un voto politico, civile e morale. Il governo Meloni ha deciso di mettere le manette ai magistrati — non a chi delinque — nel nome di una presunta efficienza che sa tanto di vendetta.

Dietro i toni solenni e le slide ministeriali, il disegno è semplice: ridurre l’autonomia della magistratura, imbrigliarla, renderla meno libera e più “gestibile” dal potere politico. Non si tratta di modernizzare, ma di normalizzare. Dopo aver lottizzato televisioni e Rai, ora si punta ai tribunali. Come se la separazione dei poteri fosse un vecchio orpello da museo, invece di una conquista democratica.

Il governo promette “tempi più brevi” e “maggiore efficienza”, ma non mette un euro in più per giudici, cancellieri, digitalizzazione, né per gli uffici di prossimità che dovrebbero avvicinare la giustizia ai cittadini. Si tagliano le garanzie, non i tempi. Si semplifica il controllo, non le procedure. Il risultato? Un sistema più lento, più confuso e più timoroso.

È un po’ come se, per migliorare la sanità, si decidesse di ridurre il numero dei medici ma aumentare le conferenze stampa del ministro. O come se, per velocizzare i treni, si spegnessero i semafori. L’effetto è lo stesso: caos con il sorriso.

E poi c’è la favola della “giustizia politicizzata”. Una giustizia davvero indipendente fa paura solo a chi ha qualcosa da temere. È comodo accusare i magistrati di “fare politica”, quando il vero problema è la politica che vuole fare i magistrati.

Con questa riforma, il giudice che osa indagare su un potente rischierà di essere additato come fazioso. Il pubblico ministero che apre un fascicolo scomodo verrà guardato con sospetto, non con rispetto. È la cultura del bavaglio, travestita da riforma.

Ecco perché le ragioni del No sono chiare, forti e semplici. No a una giustizia addomesticata. No a una magistratura sotto tutela. No a un potere politico che vuole scegliersi i propri controllori.

L’Italia ha bisogno di processi più rapidi, non di giudici più mansueti. Ha bisogno di tribunali più efficienti, non di toghe più docili. Ha bisogno di fiducia nella legge, non di leggi fatte per difendere chi comanda.

Votare No non significa difendere le toghe: significa difendere noi stessi, il diritto di essere giudicati da una giustizia libera, non da una giustizia di partito. Perché se un giorno la giustizia smetterà di essere indipendente, non sarà solo un problema dei magistrati. Sarà la fine dello Stato di diritto.

E allora, quando sentirete dire che “è solo una riforma tecnica”, ricordatevi: anche il bavaglio, a guardarlo bene, è solo un pezzo di stoffa.

Le ragioni del No

Ils appellent ça une “réforme de la justice”. En réalité, c’est une réforme contre la justice. Le référendum qui arrive ne sera pas une question technique : ce sera un test de résistance démocratique. Le gouvernement Meloni veut mettre les menottes… aux juges, pas aux délinquants. Tout ça au nom d’une soi-disant “efficacité” qui pue la vengeance politique à plein nez.

Derrière les discours sur la modernité et la rapidité, il y a un plan clair comme de l’eau de vaisselle : dompter la magistrature, lui couper les ailes, la transformer en animal de compagnie du pouvoir. Après les télévisions et la RAI, voici venu le tour des tribunaux. La séparation des pouvoirs ? Trop vieille, trop gênante. Autant la ranger au musée, entre le fax et la morale publique.

Le gouvernement promet “moins de lenteur”, “plus d’efficacité”. En pratique ? Pas un sou de plus pour les juges, les greffiers ou la numérisation. Rien pour les tribunaux de proximité. On ne simplifie pas la justice, on simplifie le contrôle sur la justice. Résultat : un système plus lent, plus confus, et surtout plus docile.

C’est comme si, pour améliorer les hôpitaux, on virait les médecins mais on multipliait les conférences de presse du ministre. Ou comme si, pour accélérer les trains, on supprimait les feux rouges. Résultat garanti : le foutoir, avec le sourire en prime.

Et puis, il y a le grand refrain : “la justice est politisée”. Ah oui ? Une justice indépendante ne fait peur qu’à ceux qui ont des choses à se reprocher. C’est facile d’accuser les magistrats de “faire de la politique” quand la vraie obsession, c’est une politique qui veut faire la justice.

Avec cette réforme, le juge qui touche à un puissant deviendra suspect. Le procureur qui ouvre un dossier gênant sera traité de militant. C’est la culture du bâillon, emballée dans du papier cadeau.

Voilà pourquoi les raisons du Non sont simples et rageuses : non à une justice domestiquée. Non à une magistrature sous surveillance. Non à un pouvoir politique qui veut choisir ses contrôleurs.

L’Italie n’a pas besoin de juges obéissants mais de juges libres. Pas de lois pour protéger ceux qui gouvernent, mais de lois pour protéger les citoyens. Refuser cette réforme, ce n’est pas défendre “les robes noires” — c’est défendre le droit de ne pas finir dans un État où la loi s’applique seulement aux pauvres et aux naïfs.

Et quand ils vous diront que “c’est une réforme technique”, souvenez-vous : même le bâillon, vu de près, n’est qu’un morceau de tissu. Mais une fois en place, il empêche de crier.

piero.minuzzo@gmail.com

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