ATTUALITÀ - 01 novembre 2025, 12:00

“Mon chier Président”

Lettera semiseria a chi governa senza il mio voto

“Mon chier Président”

Mio caro presidente — o meglio, “Mon chier Président”, come direbbero i nostri cugini d’Oltralpe — potrei iniziare così, con un tocco di ironia, rivolgendomi a uno sconosciuto. Perché chiunque tu sia, non sei il mio presidente. Non per antipatia personale, ma per un dato semplice: nessuno dei 35 consiglieri regionali oggi in carica ha ricevuto il mio voto. I pochi che lo hanno avuto sono rimasti fuori dai giochi.

Eppure, che ti piaccia o no, tu sei anche il mio presidente. Lo sei per legge, per istituzione, per quella democrazia che oggi arranca sotto il peso dell’astensionismo. Non ce l’abbiamo con te, ma con una politica che ha smesso di parlare al cittadino, che lo ha lasciato solo davanti ai problemi quotidiani e alle promesse evaporate. Se in Regione l’affluenza ha tenuto, le elezioni comunali hanno mostrato il vero volto della disaffezione: una spaccatura profonda, una distanza che cresce.

Il compito che ti aspetta non è da poco. Non dico che sia paragonabile alle sette fatiche di Ercole, ma nemmeno una passeggiata. Dovrai mettere in campo una squadra credibile, e già qui viene da sorridere. Perché attorno a te si muovono vecchi volponi della politica, saltacasacche professionisti che farebbero tremare i polsi persino a Cencelli. E poi ci sono volti nuovi, o meglio, sconosciuti ai più. Una squadra da costruire, ma con che mattoni?

Rino Formica diceva che la politica è “sangue e merda”. E tu, caro presidente, dovrai nuotare in acque torbide, con l’apparato olfattivo messo a dura prova. Altro che Bearzot: qui serve un palombaro con stomaco d’acciaio.

Ma lasciamo le metafore. Parliamo di sanità, quella che avete esaltato in pandemia, definendo “eroi” medici e infermieri. Salvo poi dimenticarli, una volta salvate le chiappe. Stipendi da fame, un posto da direttore sanitario vacante e una macchina che arranca. Vergognoso, se paragonato ai vostri compensi.

Parliamo di trasporti. Per fortuna la mia vecchia auto ha ancora compassione di me e mi accompagna come un cagnolino fedele. Ma chi vive nei comuni più sperduti della Valle, senza mezzi pubblici, dovrebbe almeno poter parcheggiare senza lasciare mezzo stipendio nei parchimetri. Non chiedo il centro, ma almeno la cintura urbana. Un gesto di civiltà.

E poi c’è la casa. Io ho avuto la fortuna di costruirmela da impiegato, con fatica e pazienza. Ma oggi? Oggi farsi una famiglia e comprarsi un tetto è diventato un miraggio. Costi folli, mutui inaccessibili, affitti fuori scala. I giovani arrancano, e i proprietari — giustamente — preferiscono gli affitti brevi. La proprietà non è un furto, ma nemmeno un privilegio da tassare a occhi chiusi.

E tu, caro presidente, dovresti ricordarti che le ultime case popolari in Valle d’Aosta sono state costruite tra il 2008 e il 2012, al Quartiere Dora di Aosta. Da allora, il deserto. E parliamo del capoluogo. Ma nei 74 comuni valdostani? Meglio stendere un velo pietoso.

Qualcuno obietterà: “Se vuoi una casa, fattela. Perché dovrei costruirtela con soldi pubblici?” Giusto. Ma allora perché, invece di facilitare le ristrutturazioni dei vecchi edifici — magari ereditati dai nonni — Regione e Stato continuano a creare vincoli, lacci e burocrazie che scoraggiano ogni tentativo?

Presidente, non ti chiedo miracoli. Ti chiedo solo di guardare in faccia la realtà. E magari, ogni tanto, di ascoltare chi non ti ha votato. Perché anche noi, volenti o nolenti, siamo cittadini. E tu, che ti piaccia o no, sei anche il nostro presidente.

Chiudo il pamplet con una richiesta all’Union Valdôtaine: pare che i ben informati nei vari bar della nostra Petite Patrie stiano sussurrando di un possibile rientro in “mamma Union” del girovago Baccega, che pare un’anima in pena. Confido in un briciolo di dignità da parte di chi tiene le redini del movimento e che si esprima con un gentile: “No grazie, abbiamo già dato.”

Vittore Lume-Rezoli

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