FEDE E RELIGIONI - 31 ottobre 2025, 08:00

Il Papa ai giovani: puntate in alto, non fate scrivere la vostra storia da un algoritmo

In un'Aula Paolo VI affollata da migliaia di ragazze e ragazzi, l'incontro di Leone XIV con gli studenti che partecipano al Giubileo del mondo educativo. “Non accontentatevi delle apparenze o delle mode, siate una generazione plus, persone di parola e costruttori di pace. Curate la vita interiore, usate con saggezza la tecnologia e aiutate a umanizzare il mondo digitale.”

Il Papa ai giovani: puntate in alto, non fate scrivere la vostra storia da un algoritmo

Tiziana Campisi – VN

Non nasconde la sua gioia Leone XIV tra gli studenti che in questi giorni stanno partecipando al Giubileo del mondo educativo e radunati oggi, 30 ottobre, nell’Aula Paolo VI. Fa il suo ingresso dall’atrio, dopo aver salutato calorosamente altri ragazzi nel cortile del Petriano, e si ferma a stringere le loro mani, a benedirli, a parlare con alcuni di loro.

L’emozione degli adolescenti – 8.500 in totale, riferisce la Sala Stampa della Santa Sede – è incontenibile e quando il Papa arriva nella sua postazione esplode un’ovazione. L’incontro con i ragazzi riporta il Pontefice indietro nel tempo, agli anni in cui era docente.

“Ho atteso questo momento con grande emozione: la vostra compagnia, infatti, mi fa ricordare gli anni nei quali insegnavo matematica a giovani vivaci come voi.”

Sono parole che vanno dritte al cuore quelle che Leone XIV, interrotto più volte dagli applausi, rivolge ai giovani. Chiede loro di essere “truth-speakers e peace-makers, persone di parola e costruttori di pace”. Li esorta a guardare oltre gli smartphone, ad ascoltare ciascuno la propria inquietudine, come ha fatto sant’Agostino, e a educarsi ad “umanizzare il digitale” con l'aiuto di san Carlo Acutis.

Invita poi “a essere operatori di pace, in famiglia, a scuola, nello sport e tra gli amici, andando incontro a chi proviene da un’altra cultura”.

Ai ragazzi Leone ripete ciò che diceva spesso Pier Giorgio Frassati, canonizzato lo scorso 19 ottobre: “Vivere senza fede non è vivere, ma vivacchiare” e “Verso l’alto”. E aggiunge:

“Abbiate l’audacia di vivere in pienezza. Non accontentatevi delle apparenze o delle mode: un’esistenza appiattita su quel che passa non ci soddisfa mai. Invece, ognuno dica nel proprio cuore: ‘Sogno di più, Signore, ho voglia di più: ispirami tu!’. Questo desiderio è la vostra forza ed esprime bene l’impegno di giovani che progettano una società migliore, della quale non accettano di restare spettatori. Vi incoraggio, perciò, a tendere costantemente verso l’alto, accendendo il faro della speranza nelle ore buie della storia.”

Sogna che quella di oggi possa essere una “generazione plus”, Leone, che sappia cioè dare una marcia in più alla Chiesa e al mondo, testimoniando insieme la gioia di credere in Gesù Cristo.

Lo strumento giusto, spiega, è l’educazione. Il Pontefice ricorda il lancio, cinque anni fa, del Patto Educativo Globale, l’alleanza di quanti lavorano nel campo dell’educazione e della cultura “per coinvolgere le giovani generazioni in una fraternità universale”. Ma incoraggia i ragazzi a essere protagonisti dell’educazione, non soltanto destinatari.

“Perciò oggi vi chiedo di allearvi per aprire una nuova stagione educativa, nella quale tutti — giovani e adulti — diventiamo credibili testimoni di verità e di pace. Per questo vi dico: siete chiamati a essere truth-speakers e peace-makers, persone di parola e costruttori di pace. Coinvolgete i vostri coetanei nella ricerca della verità e nella coltivazione della pace, esprimendo queste due passioni con la vostra vita, con le parole e i gesti quotidiani.”

Il Papa usa poi una riflessione di John Henry Newman, che proclamerà dottore della Chiesa sabato, per spiegare che “il sapere si moltiplica quando viene condiviso” ed è “nella conversazione delle menti che si accende la fiamma della verità”.

“La vera pace nasce quando tante vite, come stelle, si uniscono e formano un disegno”, dice. “Insieme possiamo formare costellazioni educative, che orientano il cammino futuro.”

Da ex professore di matematica e fisica, propone poi un calcolo: nell’universo si stimano “un sestilione di stelle, un 1 seguito da 21 zeri”, che divise “tra gli 8 miliardi di abitanti della Terra” sarebbero “centinaia di miliardi” per ciascuno. Ma, spiega, “se le stelle sono miliardi di miliardi, vediamo solo le costellazioni più vicine”, e proprio queste orientano.

Racconta che i contadini delle Ande, incontrati da missionario in Perù, considerano il cielo “un libro aperto che segna le stagioni della semina, della tosatura, dei cicli della vita” e che persino i Magi si sono affidati a “una stella per arrivare a Betlemme e adorare Gesù Bambino”.

Per il Pontefice le stelle-guida sono i genitori, gli insegnanti, i sacerdoti, i buoni amici: “bussole per non perdersi nelle vicende liete e tristi della vita”. E i giovani, aggiunge, sono chiamati a loro volta a diventare tali, luminosi testimoni per gli altri.

“Ognuno è una stella, e insieme siete chiamati a orientare il futuro. L’educazione unisce le persone in comunità vive e organizza le idee in costellazioni di senso. Come scrive il profeta Daniele, ‘quelli che avranno insegnato a molti la giustizia risplenderanno come le stelle in eterno’. Che meraviglia: siamo stelle, sì, perché siamo scintille di Dio. Educare significa coltivare questo dono. L’educazione, infatti, ci insegna a guardare in alto, sempre più in alto.”

Ricorrendo alle personalità studiate a scuola, Leone cita Galileo Galilei: “Quando puntò il cannocchiale al cielo, scoprì mondi nuovi: le lune di Giove, le montagne della Luna”. L’educazione, osserva, è come un cannocchiale che “permette di guardare oltre, di scoprire ciò che da soli non si vedrebbe”.

“Non fermatevi, allora, a guardare lo smartphone e i suoi velocissimi frammenti d’immagini: guardate al Cielo, verso l’alto.”

A proposito delle nuove sfide che impegnano nel Patto Educativo Globale, Leone si sofferma sull’educazione alla vita interiore, al digitale e alla pace.

“Non basta avere grande scienza, se poi non sappiamo chi siamo e qual è il senso della vita. Senza silenzio, senza ascolto, senza preghiera, perfino le stelle si spengono. Possiamo conoscere molto del mondo e ignorare il nostro cuore: anche a voi sarà capitato di percepire quella sensazione di vuoto, di inquietudine che non lascia in pace.”

Guardando alla realtà odierna, Leone riflette sugli “episodi di disagio, violenza, bullismo, sopraffazione” che coinvolgono diversi giovani, mentre altri “si isolano e non vogliono più rapportarsi con gli altri”.

“Penso che dietro a queste sofferenze ci sia anche il vuoto scavato da una società incapace di educare la dimensione spirituale — non solo tecnica, sociale e morale — della persona umana.”

Descrive la vicenda umana di sant’Agostino, “un ragazzo brillante ma profondamente insoddisfatto”, che “cercava dappertutto, tra carriera e piaceri, senza trovare né verità né pace”, fino a quando “non ha scoperto Dio nel proprio cuore, scrivendo: ‘Il mio cuore è inquieto finché non riposa in Te’.”

“Ecco allora che cosa significa educare alla vita interiore: ascoltare la nostra inquietudine, non fuggirla né ingozzarla con ciò che non sazia. Il nostro desiderio d’infinito è la bussola che ci dice: ‘Non accontentarti, sei fatto per qualcosa di più grande’, ‘non vivacchiare, ma vivi’.”

Circa l’educazione al digitale, Leone osserva che i giovani di oggi vivono immersi nella tecnologia. Riconosce che nel digitale “ci sono opportunità enormi di studio e comunicazione”, ma avverte:

“Non lasciate però che sia l’algoritmo a scrivere la vostra storia! Siate voi gli autori: usate con saggezza la tecnologia, ma non lasciate che la tecnologia usi voi.”

C’è anche la “grande novità” dell’intelligenza artificiale, “una delle rerum novarum del nostro tempo”. Il Papa mette però in guardia: non basta “essere intelligenti nella realtà virtuale, ma bisogna essere umani con gli altri, coltivando un’intelligenza emotiva, spirituale, sociale, ecologica”.

“Perciò vi dico: educatevi a umanizzare il digitale, costruendolo come uno spazio di fraternità e di creatività, non una gabbia dove rinchiudervi, non una dipendenza o una fuga. Anziché turisti della rete, siate profeti nel mondo digitale!”

L’esempio da seguire, sottolinea, è san Carlo Acutis, “che non si è fatto schiavo della rete, ma l’ha usata con abilità per il bene”. Ha unito “la sua bella fede alla passione per l’informatica” e si è servito di Internet come “strumento per evangelizzare”.

Questo insegna quanto il digitale sia “educativo quando non ci rinchiude in noi stessi, ma ci apre agli altri; quando non ti mette al centro, ma ti concentra su Dio e sugli altri”.

Infine, sull’educazione alla pace, il Pontefice raccomanda di educare i cuori.

“Vedete bene quanto il nostro futuro venga minacciato dalla guerra e dall’odio che dividono i popoli. Questo futuro può essere cambiato? Certamente! Come? Con un’educazione alla pace disarmata e disarmante. Non basta, infatti, far tacere le armi: occorre disarmare i cuori, rinunciando a ogni violenza e volgarità.

In tal modo, un’educazione disarmante e disarmata crea uguaglianza e crescita per tutti, riconoscendo l’uguale dignità di ogni ragazzo e ragazza, senza mai dividere i giovani tra pochi privilegiati che hanno accesso a scuole costosissime e tanti che non hanno accesso all’educazione.”

Terminando il suo discorso, Leone XIV lascia ai giovani l’ultima indicazione: guardare “ancora più verso l’alto, verso Gesù Cristo”, colui che “guiderà sempre nei sentieri della vita”.

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