Nel Consiglio comunale del 28 ottobre, la maggioranza ha dimostrato una volta di più di vivere in un’altra epoca: da un lato ha bocciato la proposta di consentire la partecipazione alle sedute in modalità telematica o mista; dall’altro, senza esitazioni, si è concessa un aumento dei propri compensi.
La mozione presentata dalla minoranza, che prevedeva la possibilità di partecipare ai consigli online, è stata respinta con motivazioni di facciata: il Consiglio deve restare “luogo fisico di confronto e responsabilità”, dicono, evocando un presunto “patto di presenza” tra consiglieri e cittadini. Dubbi tecnici sulla sicurezza delle piattaforme e sulla gestione informatica completano il quadro. Peccato che la normativa nazionale sia chiara e permissiva: l’art. 73 del D.L. 18/2020 e la circolare 33/2022 del Ministero dell’Interno autorizzano pienamente le sedute in videoconferenza, garantendo trasparenza e sicurezza. Comuni come Pistoia, Brescia, Venezia e Ferrara hanno già dimostrato che si può fare senza problemi.
Sorprende, inoltre, che la maggioranza abbia approvato solo la trasmissione in streaming dei consigli, permettendo ai cittadini di assistere ma non ai consiglieri di partecipare a distanza. Se il “patto di presenza” è davvero un principio, dovrebbe valere in entrambi i sensi.
E mentre negano la modernizzazione del Consiglio, i numeri parlano chiaro: con la nuova Amministrazione, i cittadini di Cogne spenderanno 132.000 euro per farsi amministrare, rispetto ai 85.000 della legislatura precedente. Un aumento del 54% dei costi della politica, giustificato con l’aggiunta di un assessore in più e l’incremento dei compensi di Sindaco e Giunta. Una scelta politica legittima, ma che richiederebbe almeno trasparenza, coraggio e un minimo di etica civica. Invece la maggioranza opta per la chiusura delle sedute ai consiglieri a distanza e il gonfiamento delle indennità: un binomio che sa di conservatorismo e autoreferenzialità.
À Cogne, les citoyens paient, la majorité encaisse… et les conseils restent fermés aux élus à distance. Peut-être est-il temps que les habitants se demandent : pour qui travaille vraiment cette nouvelle majorité ? Pour le bien commun ou pour leur portefeuille ?





