Il governo che gioca al grande progetto e la Valle d’Aosta che paga. La bocciatura della Corte dei conti sul progetto del Ponte sullo Stretto di Messina è un campanello d’allarme che parla anche a noi in Valle d’Aosta: quando il potere centrale decide “grandi opere” senza trasparenza, sono i territori autonomi, le famiglie, i cittadini a ritrovarsi a pagare.
Nel contesto nazionale, la Corte dei conti ha mosso rilievi severi alla delibera CIPESS n. 41/2025 che approvava il ponte sullo Stretto: questioni tecniche, procedurali, economiche non chiarite, costi in forte crescita, e soprattutto assenza – dicono i giudici contabili – di motivazione puntuale e trasparenza sull’iter.
In sostanza: propaganda, slogan, annunci… ma i numeri e le carte non tornano. L’episodio è limpido. La Corte dei conti, con la sua “sezione centrale di controllo di legittimità”, non ha ammesso al visto né alla registrazione la delibera CIPESS n. 41/2025 relativa al Ponte sullo Stretto.
In soldoni: uno dei progetti-bandiera di questo governo, sbandierato come “volano per il Sud”, “opera strategica”, “simbolo del cambiamento”, viene fermato sul nascere da chi ha il compito di controllare che le cose siano fatte secondo le regole. Regole che evidentemente (e non sorprendentemente) finora sono state trattate come opzionali.
Non si tratta di un piccolo intoppo tecnico. I magistrati contabili sollevano dubbi importanti: coperture finanziarie poco chiare per un’opera da oltre 13 miliardi, stime di traffico dal vago profumo propagandistico, conformità discutibile alle normative ambientali, antisismiche ed europee.
E qui sta il punto, Piero: lo show politico si è rivelato — come temevamo — una costruzione senza fondamenta.
La reazione del governo è stata di quelle che si usa nei talk-show, non in un Paese serio. Il ministro Salvini ha parlato di “scelta politica” della Corte dei conti e di “grave danno per il Paese”.
La premier Giorgia Meloni è andata oltre: ha evocato una “invasione della giurisdizione” da parte della magistratura contabile.
Insomma: non si vuole rispondere delle procedure, delle cifre, della trasparenza, ma si scarica la colpa sul giudice che fa il suo mestiere.
E questo non è solo arroganza. È arroganza che copre incapacità. È la prova che quando si fanno passare le opere come grandi bandiere senza preparazione, senza chiarire dove stanno soldi, numeri e norme — alla fine arriva la verifica. E la verifica certifica quello che molti intellettuali, territoriali e critici dicono da tempo: propaganda, illusioni e spreco.
E qui entra in gioco la Valle d’Aosta. Da regione autonoma, con competenze proprie e risorse – sia istituzionali che finanziarie – non possiamo limitarci a essere spettatori. Possiamo (anzi dobbiamo) pretendere che i nostri fondi, i nostri progetti e la nostra autonomia siano gestiti con la stessa serietà richiesta al grande progetto nazionale.
Quali lezioni per la Valle d’Aosta
Controllo e trasparenza. Se anche un progetto “bandiera” del governo centrale inciampa sulla Corte dei conti, cosa dire della gestione regionale? Chi controlla i fondi che arrivano alla Regione autonoma e agli enti locali?
Fondi e priorità. I media nazionali segnalano che per il ponte sullo Stretto si sottraggono risorse che potrebbero servire al Mezzogiorno per infrastrutture, welfare, servizi. Nella nostra regione, dobbiamo chiedere: le risorse che arrivano dall’autonomia vengono davvero destinate a rispondere ai bisogni reali dei valdostani?
Coinvolgimento del territorio. Le grandi opere calate dall’alto, senza ascolto, senza trasparenza, generano opposizione, resistenze, rabbia popolare. In Valle d’Aosta questo deve essere un monito: se vogliamo progetti condivisi dobbiamo puntare sulla partecipazione, sulla valutazione preventiva e sulla rendicontazione.
Autonomia reale vs passerelle. Non bastano le bandiere e i proclami sulla “autonomia speciale”. Se poi la gestione è opaca, se i progetti non hanno basi solide, l’autonomia resta “etichetta” e non strumento per sviluppo.
Al governo nazionale – e quindi anche ai nostri rappresentanti regionali che spesso sono chiamati a coordinarsi con Roma – va lanciato un messaggio chiaro: la fiducia non si conquista con gli slogan del mattino, ma con i numeri e la rendicontazione alla sera. Dove l’autonomia regionale è realtà, avere strumenti di vigilanza e rendicontazione robusti non è accessorio: è centrale.
Prendiamo questa vicenda del ponte sullo Stretto come un avvertimento:
che i grandi progetti senza trasparenza rischiano di fallire,
che le risorse pubbliche vanno sempre gestite come se fossero “del nostro territorio”,
che noi, da regione autonoma, possiamo e dobbiamo pretendere che l’autonomia si traduca in fatti, controlli, risultati per i cittadini.
In conclusione: la sentenza della Corte dei conti è un segnale positivo, non solo per chi critica il ponte. È un segnale che dice: se non ci sono procedure chiare, se non ci sono numeri solidi, se non c’è partecipazione – le cose si bloccano.
E noi, in Valle d’Aosta, non possiamo permetterci che “si blocchino” risorse, progetti, speranze. L’autonomia è anche e soprattutto questo: non lasciar fare, non subire – ma partecipare, vigilare, pretendere.





