Anche il 2025 conferma quello che ormai è un triste mantra della montagna valdostana: i ghiacciai continuano a ridursi, anno dopo anno, centimetro dopo centimetro. L’Arpa Valle d’Aosta, attraverso i tecnici Federico Grosso, Umberto Morra di Cella e Sara Favre, ha diffuso il bilancio glaciologico della stagione 2024–2025, e il quadro che ne emerge è di nuovo negativo, pur con qualche attenuante climatica.
“La stagione invernale 2024–2025 è risultata caratterizzata da un innevamento mediamente superiore alla media delle ultime due decadi” – spiegano i tecnici dell’Arpa – “pur senza raggiungere i valori eccezionali dell’inverno precedente”.
Le nevicate più consistenti sono arrivate tra fine inverno e inizio primavera, e questo ha aiutato, almeno in parte, a ritardare la fusione estiva. Ma l’effetto è stato solo temporaneo: i ghiacciai, anche quest’anno, hanno perso massa.
Timorion: accumuli sopra la media, ma bilancio in rosso
Sul ghiacciaio del Timorion, in Valsavarenche, le campagne di misura effettuate a maggio, settembre e ottobre mostrano un bilancio ancora negativo: “L’accumulo invernale è stato di 1.100 millimetri di acqua equivalente, mentre l’ablazione ha raggiunto i 2.042 millimetri”, precisano Grosso, Morra di Cella e Favre.
Un dato leggermente migliore rispetto al 2024 (–17%), ma insufficiente a invertire la tendenza. Il bilancio finale è di –883 millimetri w.e., segno che, anche con un innevamento buono, il ghiacciaio continua a perdere spessore.
La serie storica del Timorion, attiva dal 2001, è ormai una testimonianza di lungo periodo della crisi: “La prosecuzione della tendenza deficitaria è inequivocabile”, scrivono i tecnici, “nonostante condizioni invernali favorevoli, il ghiaccio non riesce più a compensare le perdite estive”.
Un fenomeno che fotografa bene l’andamento di gran parte dei ghiacciai delle Alpi occidentali.
Rutor: resiste ma si assottiglia
Situazione analoga, anche se meno drammatica, per il ghiacciaio del Rutor, a La Thuile, monitorato ormai da vent’anni. “Gli ultimi tre anni, pur mantenendosi negativi, presentano valori significativamente meno estremi rispetto al 2022”, scrive il gruppo di lavoro dell’Arpa.
Il bilancio di massa 2025 si attesta su –746 millimetri w.e., un dato che conferma la tendenza negativa ma con un ritmo di perdita più contenuto rispetto agli anni di picco.
Qui la neve primaverile ha fornito una sorta di “cuscinetto” protettivo, ma non abbastanza per evitare la fusione: “Gli accumuli nevosi leggermente superiori alla media non hanno tenuto il ghiacciaio al riparo dalla fusione estiva”, si legge nella nota.
È una battaglia impari tra un inverno che dà e un’estate che toglie, sempre più lunga e calda.
Petit Grapillon: un piccolo gigante in agonia
Il caso più critico è quello del ghiacciaio del Petit Grapillon, in alta Val Ferret, ai piedi dell’omonimo monte al confine con la Svizzera.
Si tratta di un piccolo apparato ormai in fase terminale, osservato quest’anno con rilievi aerofotogrammetrici effettuati con droni (UAS). “La sua persistenza è oggi seriamente compromessa dall’aumento delle temperature medie annuali” – scrivono Grosso, Morra di Cella e Favre – “che accelera i processi di fusione e riduce progressivamente la sua massa”.
In mancanza di dati diretti di accumulo e ablazione, la stima è stata effettuata con il metodo geodetico, confrontando modelli digitali di superficie (DEM) ottenuti nel 2017 e nel 2025. Il risultato è eloquente: –5,96 ± 0,42 metri di acqua equivalente persi in otto anni.
Un numero che fotografa il lento ma inesorabile arretramento dei ghiacciai minori, spesso dimenticati, ma fondamentali per l’equilibrio idrico dei bacini alpini.
Un campanello d’allarme per l’intero arco alpino

Confronto di immagini Sentinel-2 (31/08/2024 e 26/08/2025): nell’estate 2025 si osserva la
mancanza di una porzione dell’accumulo superiore (in rosso) e il deposito del materiale nelle parti inferiori del ghiacciaio (in verde). (ph. Arpa VdA)
In conclusione, i tecnici dell’Arpa non lasciano spazio a equivoci: anche in presenza di inverni “buoni”, il trend resta negativo. Il problema non è solo la quantità di neve, ma la durata della stagione fredda e la progressiva tropicalizzazione delle estati.
E la Valle d’Aosta, terra di ghiacci e di montagne, rischia di vedere scomparire in pochi decenni i suoi ghiacciai più piccoli e simbolici.
Un destino che impone – come ricorda il rapporto – “la necessità di monitoraggi costanti e di politiche di adattamento ai cambiamenti climatici anche su scala locale”.
Perché la perdita dei ghiacciai non è solo una questione ambientale: è la perdita di memoria, di identità e di futuro per un’intera regione alpina.





