ATTUALITÀ - 28 ottobre 2025, 12:00

Les jeux sont faits, rien ne va plus — ma non in politica

“Les jeux sont faits, rien ne va plus.” È la formula rituale con cui il croupier chiude le puntate alla roulette: i giochi sono fatti, nulla può più cambiare. Ma in politica, questa frase non vale. O meglio: vale solo per chi perde. Perché c’è sempre qualcuno che rilancia, anche a partita chiusa, se il risultato non gli garba

Les jeux sont faits, rien ne va plus — ma non in politica

Da valdostano, quando sento dire da partiti come Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia — gli stessi che governano l’Italia — di avere idee e progetti in comune con un partito autonomista come l’Union Valdôtaine, mi viene da sorridere. Ma poi rifletto: sono numericamente fuori dai giochi, e tentare di salire sul carro del vincitore per spartirsi gloria e potere fa gola a chiunque. È il gioco della politica.

Quel che mi inquieta, da autonomista, è che i valori decantati dalle forze di destra coincidano davvero con quelli dell’Union. Se così fosse, ci sarebbe da preoccuparsi. Sentire esponenti di FdI dire di aver trovato “molti punti in comune” con l’Union mi fa pensare.
E da malpensante, mi torna in mente l’amico Mario, che sostiene — provocatoriamente — che ormai i programmi dei partiti li scriva un’unica intelligenza artificiale, che poi li distribuisce a tutti.

A ben vedere, a parole tutti vogliono più giustizia, più sanità, più lavoro, più benessere. Le stesse cose che dicevano i padri fondatori della Repubblica. Peccato che, in oltre settant’anni, questi nobili principi siano stati smantellati uno a uno da tutte le forze che hanno governato il Paese.

E oggi, imperterriti, ripetono le stesse promesse. Potremmo prendere i programmi dei partiti, metterli in una scatola, ripescarne uno a caso e confrontarlo con quello di dieci anni fa: cambierebbero forse l’ordine dei punti, qualche virgola, qualche slogan. Ma nulla di nuovo sotto il sole. Le promesse restano le stesse. E le attese dei cittadini?

A parte i galoppini della politica, i faccendieri e i pochi amici, finito il tour elettorale e fermatasi la pallina della roulette, tutto torna come prima. Le promesse da palcoscenico svaniscono, lo spettacolo si chiude e si rientra nei ranghi. Tranne i soliti noti, che — esclusi dalla spartizione — attendono la prima occasione per l’ennesima scissione o cambio di stampella.

Ma la cosa peggiore, in questa quotidiana vita di vinti e vincitori, è l’amarezza.
L’amarezza di essere consapevoli — non essendo stupidi — che “tutto deve cambiare perché nulla cambi”, come scriveva Giuseppe Tomasi di Lampedusa ne Il Gattopardo.

Chi si informa, legge e ha una mente critica lo sa bene. Un esempio su tutti: da anni la politica ci parla di rigore, di sacrifici necessari per il bene comune. E sono gli stessi politici che, guadagnando 15 mila euro al mese, chiedono al cittadino che ne guadagna mille di rinunciare all’aumento della pensione o del salario per “aiutare il Paese”.

Ecco, io — come Mario — ho la consapevolezza che ci stanno prendendo in giro. E sono ancora più incavolato nel vedere dei poveri analfabeti funzionali dar loro ragione.

La speranza, dopo questa lunga disamina che sa di populismo?
Una sola: che l’Union Valdôtaine, come partito autonomista, non cada nella retorica del sovranismo di destra. Che si ricordi dei suoi valori fondanti. Che torni davvero a essere quella fiaccola — come diceva Chanoux — capace di rimettere al centro dell’azione politica le persone, le nostre valli, le montagne, la nostra cultura.

Vittore Lume-Rezoli

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