In Valle d’Aosta si parla di turismo, di qualità della vita, di “benessere alpino”, ma sempre meno di diritto alla casa. Eppure, come denuncia con forza il segretario del Sunia Valle d’Aosta, Salvatore Barilaro, la realtà è sotto gli occhi di tutti: «L’emergenza abitativa è esplosa in silenzio, ma sta travolgendo centinaia di famiglie. Non solo i più poveri, ma anche chi lavora, paga le tasse e non riesce più a trovare un tetto dignitoso a prezzi umani».
Basta fare un giro sui portali immobiliari per capire che la situazione è ormai fuori controllo. «Per un monolocale aostano si chiedono 600-700 euro al mese, più spese. Ma il problema non è solo economico — sottolinea Barilaro —: molti proprietari pretendono garanzie impossibili, come contratti a tempo indeterminato o fideiussioni bancarie. Chi vive di lavoretti, chi ha un part-time o un contratto stagionale, resta automaticamente escluso».
E mentre i salari stagnano, il mercato gira verso un’unica direzione: gli affitti brevi turistici, che promettono rendimenti rapidi e senza rischi. «È una scelta legittima — ammette Barilaro —, ma devastante per la tenuta sociale. Aosta non è Roma o Firenze: qui ogni appartamento che passa al circuito turistico toglie una possibilità reale a una famiglia valdostana».
Ha ragione. La corsa all’affitto breve sta svuotando il mercato residenziale e sta cambiando la fisionomia dei quartieri: meno residenti, meno comunità, più transiti mordi e fuggi. L’abitare, in fondo, non è solo avere un tetto: è anche appartenere a un luogo, viverlo, contribuire alla sua identità.
Il Sunia chiede da tempo un piano regionale per la casa, ma le risposte tardano. «Servono misure strutturali, non bonus occasionali — tuona Barilaro —. Bisogna pensare a un fondo per gli affitti calmierati, a incentivi per i proprietari che affittano a canone concordato, e soprattutto a un meccanismo di controllo sui prezzi. Non è accettabile che in una regione piccola e fragile come la nostra il mercato venga lasciato in balia della speculazione».
Un’idea che lo stesso Barilaro rilancia con forza: «Il canone massimo d’affitto dovrebbe essere legato al valore reale dell’immobile o alla rata di mutuo teorica. Non è utopia: in molte città europee funziona già così. Qui invece ci si nasconde dietro la logica del libero mercato, come se l’abitare fosse un lusso e non un diritto costituzionale».
E come dargli torto? La Valle d’Aosta, con la sua autonomia speciale e le sue ambizioni di modello, non può permettersi di diventare un laboratorio di esclusione sociale. Serve coraggio politico, non annunci. Serve una legge regionale sull’abitare che metta al centro la persona e non il profitto.
Perché, come conclude amaramente il segretario del Sunia: «Il diritto alla casa non può diventare un privilegio per pochi. Se la politica continua a ignorare il problema, presto non avremo più famiglie, ma solo turisti. E allora dovremo chiederci chi vivrà davvero in questa Valle».





