ATTUALITÀ - 27 ottobre 2025, 16:51

Fabio Giua, storia di un musicista piemontese che ha fatto del blues la sua lingua universale

Dalla banda del paese alle atmosfere blues internazionali: il viaggio musicale di un chitarrista piemontese che intreccia passione, famiglia e radici. Tra ricordi del Maestro Gilli, nuove collaborazioni e un amore infinito per il suono

Fabio Giua

Fabio Giua

C’è una magia che nasce tra le strade di Rosta e si diffonde nel mondo. È quella che accompagna da sempre il percorso artistico di Fabio Giua, chitarrista, cantante e voce professionale, la cui carriera è un intreccio di talento, passione e continuità familiare.
Un percorso che trova le sue radici nell’attività dell’Associazione Culturale Maestro Giuseppe Gilli di Rosta, custode della tradizione musicale locale, e che oggi si intreccia con la creatività contemporanea della PatriziaArtemisiaArtist, da sempre attenta a valorizzare le arti e i talenti del territorio.

Dalla banda del paese al blues del mondo

«Ho cominciato giovanissimo, suonando il sax nella banda musicale del mio paese, a Rosta (To) — racconta Fabio —. Si trattava della banda di cui il Maestro Giuseppe Gilli era stato un pilastro portante, determinandone la rinascita e la crescita a livello bandistico per rendere lo studio della musica accessibile a chiunque. Purtroppo non l’ho conosciuto: ero troppo piccolo per ricordarlo.»

Dopo il sax arrivarono le percussioni, la batteria e infine la chitarra, comprata a quindici anni “a prezzo popolare” in Via Sacchi, a Torino. Da allora, quella chitarra non l’ha più lasciata.
«Da più di trent’anni suono il blues, un genere che nasce tra i canti e le preghiere delle comunità afroamericane del Sud degli Stati Uniti. È una musica che parla al cuore, un linguaggio antico ma sempre nuovo, fatto di emozioni, libertà e improvvisazione.»

Da vent’anni Giua è chitarrista solista e voce della Eight O’Clock Blues Band:
«Ci chiamiamo così perché ci trovavamo sempre alle otto di sera per le prove — racconta sorridendo —. Per anni, dopo i concerti, abbiamo venduto i nostri CD, poi la crisi dei supporti fisici ci ha spinti a privilegiare la dimensione live. Nulla trasmette energia come il contatto diretto con il pubblico.»

Le esibizioni lo portano soprattutto nel Nord Italia — Piemonte, Liguria, Valle d’Aosta e Lombardia — in location suggestive come Stresa e Isola Bella, dove il gruppo si è esibito di fronte a turisti provenienti da tutto il mondo.
«Suonare il blues davanti a chi viene proprio dal Paese in cui è nato, e riceverne applausi sinceri, è la conferma che riusciamo a coglierne davvero l’anima.»

Oltre alla chitarra, Fabio ha un’altra passione: la voce.
«Sono speaker e doppiatore, un mestiere che ha molto in comune con la musica. La voce è uno strumento meraviglioso: registro spot pubblicitari, podcast, audiolibri, documentari e videogiochi. Modulare il suono, creare atmosfere, trasmettere emozioni — è la mia missione.»

Una missione condivisa in famiglia:
«Mia moglie sopporta e supporta — sorride —, e i nostri figli suonano entrambi. Isabelle, 18 anni, è oboista e pianista al liceo musicale; Matteo, 12, studia flauto traverso e batteria. Nessuno è stato spinto: la musica è arrivata da sola, come un’eredità naturale.»

Negli ultimi anni, Giua ha ampliato il suo orizzonte musicale collaborando con il Jazz Club di Torino e con la Filarmonica San Marco di Buttigliera, dove è tornato alle percussioni, mentre la figlia Isabelle suona l’oboe.
«La Filarmonica, nata nel 1983, è una delle realtà orchestrali non professioniste più interessanti in Italia: cinquanta musicisti, un repertorio vastissimo, un’attività concertistica che porta la musica dal territorio ai palcoscenici internazionali.»

Una carriera che unisce radici e apertura, blues e sperimentazione, voce e strumenti.
Un viaggio che, partendo da Rosta, attraversa le strade del mondo, ma resta sempre fedele al suono autentico della passione.

red/ed.mo.

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