L’Unione Europea ha deciso di riscrivere una parte importante del Codice della strada, e stavolta lo fa toccando un tema che riguarda milioni di cittadini: la patente di guida. Con la nuova direttiva approvata in via definitiva dal Parlamento europeo, cambia tutto — dall’età minima per mettersi al volante, alle modalità d’esame, fino alla validità del documento. Gli Stati membri, Italia compresa, avranno tre anni di tempo per adeguarsi, ma il messaggio politico è chiaro: serve un approccio più moderno, sicuro e digitale alla mobilità.
La novità più commentata è senza dubbio la possibilità di ottenere la patente B già a 17 anni. Un passo avanti, secondo Bruxelles, verso una maggiore autonomia dei giovani — ma accompagnato da una serie di garanzie.
Chi conseguirà la patente prima della maggiore età potrà guidare solo in presenza di un accompagnatore esperto, che dovrà avere almeno 24 anni, cinque anni di patente senza sospensioni o revoche e una fedina stradale pulita. L’obiettivo è quello di favorire un apprendimento “protetto”, che unisca teoria e pratica sotto la supervisione di un adulto responsabile.
Non si tratta, dunque, di un “liberi tutti”: anzi, per i neopatentati scatta anche un periodo di prova di due anni, durante il quale le infrazioni pesano di più e le sanzioni diventano più severe. Una logica educativa, più che punitiva, che intende responsabilizzare i nuovi conducenti, soprattutto su comportamenti come la distrazione al volante o la guida in stato di ebbrezza.
L’altra grande innovazione riguarda la struttura degli esami di guida. Non basterà più sapere cosa significa un cartello stradale o come si fa una partenza in salita. Il nuovo test includerà domande e prove pratiche legate ai rischi reali della mobilità contemporanea:
riconoscimento degli angoli ciechi,
utilizzo corretto dei sistemi di assistenza alla guida,
apertura sicura delle portiere per evitare incidenti con ciclisti,
consapevolezza dei pericoli legati a pedoni e utenti vulnerabili.
Particolare enfasi sarà data alla distrazione da smartphone, uno dei fattori di rischio più gravi sulle strade europee. In sintesi, l’obiettivo è formare conducenti più consapevoli, capaci di muoversi in un traffico sempre più complesso e condiviso tra auto, bici, monopattini e pedoni.
Altra novità: la validità della patente B sale da 10 a 15 anni per auto e motocicli, anche se gli Stati membri potranno scegliere di mantenerla a 10 se la patente funge anche da carta d’identità. Le patenti professionali (C e D) manterranno invece una validità di 5 anni.
Ma il vero salto nel futuro è la patente digitale europea, già attiva in Italia, che consentirà di avere il documento sempre disponibile sullo smartphone. Un passo in avanti verso la semplificazione burocratica e l’integrazione dei sistemi di controllo tra i Paesi membri.
La riforma introduce anche un approccio più flessibile ai controlli medici: in alcuni casi, come per la vista o il cuore, gli Stati potranno accettare un’autovalutazione del conducente. Una misura che semplifica la vita agli automobilisti, ma che solleva anche interrogativi sul fronte della sicurezza — perché non tutti, va detto, hanno la stessa percezione dei propri limiti.
Infine, per combattere i “furbetti del volante”, la direttiva rafforza la cooperazione transfrontaliera. Le sanzioni per le infrazioni più gravi (come guida in stato di ebbrezza o incidenti mortali) dovranno essere riconosciute e applicate anche se il conducente si trova in un altro Paese UE. Insomma, addio al mito del “tanto all’estero non mi beccano”.
In sostanza, la riforma della patente europea rappresenta un equilibrio tra libertà e responsabilità. Da un lato, anticipa l’ingresso dei giovani al volante, dall’altro impone maggiore consapevolezza e formazione. È un tentativo di conciliare il desiderio di mobilità con l’urgenza della sicurezza, in un contesto in cui il traffico evolve e le regole devono adattarsi.
Resta da capire come l’Italia recepirà queste norme: se con lo spirito innovatore che l’Europa auspica, o con l’abituale prudenza burocratica che spesso rallenta ogni cambiamento. In ogni caso, per chi sogna di mettersi al volante prima dei 18 anni, la strada è ormai tracciata — e, stavolta, davvero europea.





