È l’ennesimo rinvio, l’ennesima promessa non mantenuta. I caregiver familiari, milioni di donne e uomini che ogni giorno assistono genitori, figli o coniugi non autosufficienti, restano ancora senza una legge nazionale che ne riconosca diritti, tutele e sostegni concreti.
Nella bozza della Legge di Bilancio 2026, il governo ha previsto all’articolo 53 l’istituzione di un fondo di 1,15 milioni di euro per il 2026 e di 207 milioni a partire dal 2027, per finanziare “iniziative legislative a sostegno del ruolo di cura e di assistenza del caregiver familiare”. Una cifra che, a fronte di oltre 7 milioni di caregiver e 4 milioni di persone assistite, appare del tutto irrisoria.
Il punto, però, non è solo quello economico. Mancano le fondamenta: una legge nazionale che definisca chi è caregiver, quali tutele spettano e quali strumenti di sostegno devono essere garantiti.
Persino il tavolo tecnico interministeriale, avviato nell’ottobre 2023 dalla ministra Locatelli e dalla vice ministra Bellucci, si è arenato senza produrre alcun documento utile per la stesura della proposta legislativa.
Come ricordano Loredana Ligabue, segretaria di CARER, e Isabella Mori, responsabile tutela di Cittadinanzattiva, “i caregiver – conviventi o meno, a supporto di persone con disabilità o anziane – ogni giorno sopperiscono alle carenze del sistema pubblico con un impegno il cui valore economico è stimato tra il 2,5 e il 3% del PIL nazionale”.
Un contributo immenso, ma invisibile.
Non a caso, proprio Cittadinanzattiva e CARER hanno promosso un anno fa un Manifesto-Appello per una legge sui caregiver inclusiva ed equa, che ha raccolto oltre 100 adesioni tra enti locali, associazioni, sindacati e ordini professionali.
Oggi, a distanza di un anno, le due organizzazioni rilanciano l’appello al governo: “Serve subito una proposta legislativa chiara, da discutere in Parlamento. Continuare a rinviare significa compromettere la qualità della vita di milioni di cittadini e aggravare un sistema già fragile, in un Paese sempre più anziano”.
La realtà valdostana: tra buone intenzioni e solitudine quotidiana
Anche in Valle d’Aosta il tema resta aperto.
Pur essendo una regione autonoma con una tradizione di welfare più attento rispetto alla media nazionale, non esiste ancora una legge regionale specifica sui caregiver, né una rete di servizi strutturata che li accompagni nel loro percorso di assistenza.
Il sostegno resta affidato a iniziative sporadiche dei Comuni o dell’Azienda Usl, come i contributi economici temporanei o i progetti sperimentali di sollievo. Ma manca una visione organica, un punto di riferimento stabile per chi si trova a dover conciliare lavoro, famiglia e cura quotidiana di un parente fragile.
Proprio per questo, Cittadinanzattiva Valle d’Aosta e CARER hanno più volte sollecitato la Giunta regionale a mettere in campo un piano regionale dedicato ai caregiver, in attesa di una normativa nazionale che tarda ad arrivare.
Un percorso che, nelle parole di Maria Grazia Vacchina, resta una priorità etica prima ancora che politica: “Si tratta di un problema cruciale per il rispetto della persona e per la serenità delle famiglie e delle comunità. È anche una questione di convenienza economica, su tutti i fronti. Dovremmo essere già sulla via di una soluzione, non di nuove attese”.
Le sue parole sintetizzano perfettamente il senso di una battaglia che riguarda tutti: perché dietro ogni caregiver c’è una storia di amore, sacrificio e dignità. E continuare a ignorarla non è solo un errore politico, ma una ferita sociale che tocca anche la Valle d’Aosta, dove troppo spesso la cura resta un gesto privato, e non un diritto riconosciuto.





