Una Piazza San Pietro gremita, i drappi dei nuovi santi che sventolano sulla facciata della Basilica e un messaggio che attraversa il tempo: la santità non è eroismo, ma testimonianza dell’amore di Cristo.
È questo il cuore dell’omelia di Papa Leone XIV, che domenica 19 ottobre ha presieduto la Messa di canonizzazione di sette nuove figure di fede: i martiri Pietro To Rot e Ignazio Choukrallah Maloyan, le religiose Maria Troncatti, Vincenza Maria Poloni e Carmen Rendiles Martínez, e i laici Bartolo Longo e José Gregorio Hernández Cisneros.
Sul sagrato, davanti a circa 70 mila fedeli provenienti da tutto il mondo, il cardinale Marcello Semeraro, prefetto del Dicastero per le Cause dei Santi, ha presentato al Pontefice le biografie dei nuovi canonizzati. Accanto alle loro reliquie, anche simboli tangibili del loro cammino di fede, come la Regola manoscritta di suor Vincenza Maria Poloni, fondatrice delle Sorelle della Misericordia di Verona.
Nel suo discorso, Leone XIV ha voluto chiarire subito un punto: i santi non sono paladini di ideali astratti o eroi da imitare, ma “fedeli amici di Cristo”, uomini e donne che hanno reso visibile l’amore di Dio nel mondo.
“Essi non sono superuomini – ha detto il Papa – ma persone autentiche che hanno fatto della propria vita una risposta al Vangelo”.
Alcuni di loro hanno conosciuto il martirio, come l’arcivescovo armeno Ignazio Choukrallah Maloyan, ucciso durante le persecuzioni del 1915, e il catechista papuano Pietro To Rot, assassinato nel 1945 per aver difeso la fede e la famiglia cristiana.
Altri hanno evangelizzato e servito, come suor Maria Troncatti, missionaria salesiana tra le popolazioni indigene dell’Ecuador, o suor Carmen Rendiles Martínez, fondatrice venezuelana delle Serve di Gesù.
E poi ancora suor Vincenza Maria Poloni, che a Verona creò una congregazione di misericordia, e i due laici Bartolo Longo, l’apostolo della Madonna di Pompei, e José Gregorio Hernández Cisneros, medico venezuelano venerato come “il santo dei poveri”.
“Con la grazia di Dio – ha sottolineato il Papa – hanno tenuto accesa la lampada della fede e sono diventati essi stessi lampade che diffondono la luce di Cristo”.
Citando il Vangelo di Luca, Leone XIV ha riflettuto sulla domanda di Gesù: «Il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?»
“Questa domanda – ha spiegato – rivela ciò che è più prezioso agli occhi del Signore: la fede, cioè il legame d’amore tra Dio e l’uomo. Senza fede, la terra sarebbe popolata da figli senza Padre, creature senza salvezza”.
Per il Pontefice, la fede non è un sentimento vago né un privilegio di pochi, ma una forza che trasforma la vita e dà senso anche alla sofferenza:
“Rispetto a ogni bene materiale, culturale o scientifico, la fede eccelle non perché gli altri valori siano da disprezzare, ma perché senza di essa perdono significato.”
Il Papa ha poi indicato la preghiera come via concreta per mantenere viva la fede. “Come non ci stanchiamo di respirare, così non stanchiamoci di pregare – ha detto –. Il respiro sostiene la vita del corpo, la preghiera sostiene la vita dell’anima.”
Richiamando la parabola evangelica del giudice e della vedova, Leone XIV ha evidenziato come l’insistenza della donna sia “un bell’esempio di speranza nel tempo della prova e della tribolazione”. Pregare senza stancarsi, ha spiegato, significa restare saldi nella fiducia che Dio ascolta, anche quando sembra tacere.
Ma il Papa non ha taciuto le difficoltà: “Due sono le tentazioni che minacciano la fede – ha ammonito –.
La prima nasce dallo scandalo del male: pensare che Dio non ascolti il pianto degli oppressi.
La seconda è la pretesa che Dio agisca come vogliamo noi, trasformando la preghiera in un comando su Dio”.
La risposta, ha proseguito, è nell’esempio stesso di Cristo, “testimone perfetto di fiducia filiale”, che sulla croce affida tutto al Padre: «Sia fatta la tua volontà».
“Quando siamo crocifissi dal dolore, dall’odio e dalla guerra – ha detto con voce ferma – Cristo è già lì, in croce per noi e con noi. Non c’è pianto che Dio non consoli, non c’è lacrima lontana dal suo cuore.”
Concludendo l’omelia, Leone XIV ha rivolto uno sguardo pieno di speranza alla folla: “La santità non è un privilegio per pochi, ma una chiamata per tutti. Ognuno di noi può diventare testimone dell’amore di Dio là dove vive, nel quotidiano, nella pazienza, nella carità, nella preghiera.”
E guardando i volti dei nuovi santi, ha ricordato che “la loro intercessione ci accompagni nelle prove della vita e ci insegni a vivere di fede e speranza, certi che Dio ascolta, abbraccia e trasforma ogni nostra ferita”.
In Piazza San Pietro, sotto il sole d’ottobre, l’applauso dei fedeli ha sigillato le parole del Papa: un’eco di fiducia nel cuore di un mondo che ha ancora bisogno di santi, non di eroi.





