Chez Nous - 07 ottobre 2025, 08:00

Candidats et foi

Candidati e fede

Candidats et foi

C’è più fervore politico che religioso, in queste settimane, tra le navate delle chiese di Aosta. Messe affollate come non si vedevano da anni, panche piene, inginocchiatoi lucidi di devozione improvvisata. Ma non è il segno di un risveglio spirituale: è la corsa al voto, travestita da atto di fede.

L’odore dell’incenso copre appena quello dell’opportunismo. I nuovi “fedeli” sono gli stessi che per anni hanno ignorato ogni cerimonia, salvo presentarsi ai funerali di qualche conoscente per non perdere il giro dei saluti. Ora invece eccoli lì, in prima fila, con lo sguardo raccolto e la mano pronta al segno della croce… e al contatto con l’elettore di turno.

Ad Aosta si direbbe che lo Spirito Santo sia sceso in campagna elettorale. Alcuni non si perdono nemmeno la messa in francese a Saint-Martin-de-Corléans — quella che fino a ieri definivano “noiosa e incomprensibile” — pur di apparire devoti, bilingui e “vicini alla tradizione”. Peccato che il loro bilinguismo finisca alla porta della chiesa, e la fede con l’Ave Maria di rito.

È la stagione del rosario elettorale, dove ogni “Padre nostro” vale un voto e ogni stretta di mano un potenziale assessorato. Perché molti di questi pellegrini dell’ultima ora non pregano per la salvezza dell’anima, ma per un ripescaggio da consigliere, o meglio ancora, per una poltrona in giunta.

E così le chiese diventano passerelle, i preti — loro malgrado, o talvolta con fin troppa complicità — scenografi di un teatrino politico dove la fede serve da sfondo e la coscienza resta dietro le quinte. Si recita la parte della “persona di valori”, si finge umiltà, si ostenta partecipazione. Ma dietro i sorrisi e i canti liturgici, si sente il rumore secco del calcolo politico.

Altro che conversione: è solo la versione elettorale della penitenza. Si battono il petto, ma con la mano giusta — quella che stringe la lista dei votanti.

E quando le urne saranno chiuse, torneranno i banchi vuoti, le messe deserte, i parrocchiani di sempre. Gli altri, i “fedeli di convenienza”, spariranno di nuovo, finché una nuova campagna non li chiamerà al miracolo della presenza.

Perché ad Aosta la fede serve finché serve. Poi torna l’indifferenza di sempre, quella che non conosce né lingua né Vangelo. E i partiti, che predicano trasparenza e coerenza, tacciono di fronte a questo pellegrinaggio d’interesse: preferiscono un candidato con la corona del rosario in mano che uno con la schiena dritta.

Finché la politica continuerà a inginocchiarsi per finta e la Chiesa farà finta di non vedere, avremo solo santi da palcoscenico e peccatori di professione. Veri sepolcri imbiancati, devoti del potere e fedeli del tornaconto.

Candidati e fede

Les églises d’Aoste n’ont jamais été aussi pleines. Non, ce n’est pas un miracle. C’est la campagne électorale.
Soudain, tous les candidats se souviennent de Dieu, de la messe et même du signe de croix — celui qui, en d’autres saisons, leur donnait des crampes au poignet.

On les voit défiler dans les allées comme sur un tapis rouge. Un coup d’encens, trois selfies et un air contrit pour la photo. L’évangile du moment ? “Je crois en la visibilité et à la préférence électorale.”

Les fidèles du dimanche sont devenus des pèlerins du scrutin. Les mêmes qui ne mettaient jamais les pieds à l’église sauf pour un enterrement, redécouvrent maintenant la foi... et les électeurs.
Certains, plus zélés, se pointent même à la messe en français à Saint-Martin-de-Corléans — juste pour prouver qu’ils comprennent deux mots de la langue qu’ils ignorent le reste de l’année.

À Aoste, le Saint-Esprit a l’air d’avoir pris sa carte de parti. Chaque “Notre Père” vaut une voix, chaque poignée de main une place d’assesseur. La prière est devenue un programme, la confession une stratégie.

Et les prêtres, pauvres d’eux, regardent cette procession de repentis d’occasion sans trop oser dire que tout ça sent plus le bulletin que l’encens. Certains se taisent. D’autres sourient. Le business de la foi, ça ne se contredit pas trop.

Quand les urnes seront refermées, les bancs seront à nouveau vides. Les saints de circonstance redeviendront invisibles, jusqu’à la prochaine élection.
Et les vrais croyants continueront à prier, pendant que les autres prépareront leurs slogans pour la prochaine messe de la politique.

Ici, la foi dure autant qu’une campagne. Après, on remballe le crucifix et on ressort le costume de laïcité.
À Aoste, on ne croit plus en Dieu : on croit au miracle des voix de préférence.

Des anges en façade, des diables en coulisse — de vrais tombes blanchies, comme dirait l’autre. Ou, pour parler clair : des tartuffes à l’eau bénite, avec le diable au bout de la liste.

piero.minuzzo@gmail.com

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