Ad agosto 2025 l’indice dei prezzi al consumo per l’intera collettività nazionale (NIC) ha registrato ad Aosta un incremento dello 0,7% rispetto a luglio e dello 0,3% rispetto ad agosto 2024. Numeri che, a prima vista, potrebbero sembrare contenuti, ma che nascondono una realtà più complessa: i prezzi continuano a crescere nei settori che incidono di più sulla vita quotidiana dei cittadini.
A pesare maggiormente sono stati i servizi ricettivi e di ristorazione (+3,1%), i trasporti (+0,9%) e i prodotti alimentari (+0,4% sul mese e +2,7% su base annua). In calo soltanto i costi legati ad abitazione, acqua, elettricità e combustibili (-0,9% sul mese), ma questo segno meno non consola: è il riflesso di un mercato energetico instabile, dove la volatilità dei prezzi internazionali si scarica comunque sulle famiglie.
Il Governo centrale, intanto, continua a parlare di “stabilità dei prezzi” e di un’inflazione sotto controllo. Ma i dati concreti raccontano altro. I valdostani se ne accorgono ogni giorno: andare al supermercato significa spendere di più per pane, verdure, latticini e pesce. Al ristorante il conto cresce, spesso senza che la qualità o il servizio migliorino. E per muoversi – in auto, in treno o in aereo – il biglietto o il pieno costano sensibilmente di più.
Un quadro che stride con la narrazione ottimista di Roma. Non è un caso che la stessa Istat segnali come l’istruzione sia salita del 4,1% su base annua, una cifra che pesa in particolare sulle famiglie con figli. Al contrario, le “voci in calo” – comunicazioni (-5,1%) e trasporti (-0,6% annuo) – riflettono soprattutto riduzioni settoriali e non si traducono in un effettivo alleggerimento delle spese familiari.
La responsabilità del Governo centrale sta tutta nella mancanza di misure incisive: bonus a pioggia e dichiarazioni rassicuranti non bastano. Manca una politica strutturale sui redditi, sul contenimento dei costi energetici e sul sostegno a chi non riesce più a reggere il peso del carrello. In Valle d’Aosta, regione di confine e con costi già di per sé più elevati rispetto ad altre aree d’Italia, questa leggerezza pesa doppio.
Il paradosso è evidente: mentre a Roma si vantano numeri “sotto controllo”, qui cresce il divario tra stipendi e spese quotidiane. Un Governo che davvero avesse a cuore la vita dei cittadini avrebbe il coraggio di chiamare le cose col loro nome: inflazione strisciante, salari fermi e famiglie sempre più in difficoltà.
E invece, ancora una volta, si preferisce minimizzare. Ma i valdostani – che vedono crescere il conto della spesa, del pieno e della cena fuori – sanno bene che la verità è un’altra: l’inflazione non sarà più quella a due cifre, ma è diventata una tassa occulta che ogni mese svuota il portafoglio.
In Valle d’Aosta questa situazione pesa ancora di più: stipendi più bassi rispetto alla media del Nord Italia e un costo della vita spesso più alto, soprattutto su alimentari e servizi. Davanti a tutto ciò il Governo centrale resta sordo, incapace di misure mirate che tengano conto delle peculiarità dei territori alpini e di confine.
Se Roma non ascolta, allora spetta all’Autonomia valdostana alzare la voce: non per rivendicare privilegi, ma per difendere il diritto dei cittadini a vivere dignitosamente. Perché un’Autonomia che tace davanti a un carrello della spesa sempre più caro rischia di diventare solo un guscio vuoto, utile a pochi e inutile ai molti.





