Un famoso banchiere disse che i ciclisti erano la rovina dell’economia mondiale. Una battuta, certo, ma in Italia non suona poi così lontana dalla realtà: se sei un cittadino virtuoso, rischi davvero di essere considerato un danno.
Si celebra l’italiano come gran risparmiatore, ma nella concezione economico–fiscale del nostro Paese il risparmio non è affatto una virtù civica. Se vai al lavoro a piedi per risparmiare benzina, non inquinare e restare in salute, non sei un buon cittadino: togli allo Stato le accise, l’IVA e perfino la spesa sanitaria, perché una persona sana serve a poco a un’economia che vive anche di farmaci e cliniche private.
Se poi hai avuto l’ardire di cambiare elettrodomestici, installare luci a basso consumo o persino mettere il fotovoltaico sul tetto, hai commesso un altro delitto contro l’economia pubblica: ogni 100 euro di energia risparmiati sono circa 40 euro in meno di entrate fiscali. Lo stesso vale per il riscaldamento: cappotto termico e finestre isolanti significano meno consumi di gas, quindi meno imposte e meno soldi nelle casse statali.
Da piccoli ci hanno insegnato la favola della formichina e della cicala, ci hanno messo in mano il maialino in terracotta per imparare a mettere da parte qualche lira. Ma da adulti ci siamo accorti che risparmiare, in Italia, è un atto quasi eversivo.
Albert Einstein diceva che solo due cose sono infinite: l’universo e la stupidità umana, ma che del primo non era sicuro. Guardando al culto del PIL viene spontaneo dargli ragione. Siamo talmente ossessionati da questo indice da considerare un disastro qualsiasi rallentamento, come se fosse naturale immaginare che la produzione di un Paese possa crescere senza limiti, anno dopo anno.
Forse non vincerò mai il Nobel per l’economia, ma non fatico a immaginare che la creatività dei governi – sommata a quella infinita stupidità – porterà prima o poi all’invenzione della “tassa esistenziale”: alla nascita un mutuo bancario obbligatorio a favore dello Stato, da pagare vita natural durante. Dopotutto, gli onorevoli bisogna pur pagarli in qualche modo.





