Arriva dagli Stati Uniti, corre in Europa, e porta sintomi che pensavamo archiviati: perdita di gusto e olfatto, febbre alta, tosse. Suona familiare, vero?
Il problema è che sembriamo non volerci più credere. Ci rassicuriamo dicendo che “è solo un raffreddore”, che “non fa più paura”. Ma i numeri raccontano altro: in Italia, in una settimana, siamo passati da 1.091 a 1.391 casi. In Grecia, Francia, Irlanda e Romania i dati crescono. In Valle, dove basta un focolaio per intasare un ospedale già al limite, fingere che il problema non esista è un lusso che non possiamo permetterci.
Abbiamo già visto questo film nel 2020. Ricordate? All’inizio si diceva che il Covid sarebbe rimasto lontano, che “qui da noi non arriva”. In poche settimane ci siamo ritrovati chiusi in casa, con l’ospedale regionale travolto e i reparti al collasso. La memoria corta è il peggior alleato che possiamo avere.
Oggi la differenza la fa la vaccinazione. Non obbligatoria, ma utile. Molti over 60 valdostani hanno perso la protezione delle prime dosi, eppure si convincono che non serva più. È qui che nasce il rischio: un virus che gira di nuovo, una popolazione fragile che abbassa la guardia, un sistema sanitario che non reggerebbe un’ondata. La ricetta perfetta per ripetere gli stessi errori.
Valdostani, il punto è semplice: non siete invincibili, non lo è la nostra regione, non lo è il nostro ospedale. Continuare a far finta che il Covid sia finito è un atto di irresponsabilità collettiva. Non serve il panico, serve coscienza.
Et souvenez-vous : la prochaine fois que quelqu’un dira “nous ne pouvions pas l’imaginer”, ce ne sera qu’un mensonge.





