La notizia della presunta chiusura del Palaindoor di Aosta è rimbalzata come una bomba. Peccato fosse una bomba di cartapesta. A lanciarla è stato un politico noto non tanto per la coerenza, quanto per l’abilità da ginnasta nel cambiare casacca: un giorno qui, il giorno dopo altrove, purché ci sia un riflettore acceso. La sua dichiarazione è stata raccolta e rilanciata con troppa leggerezza da una testata locale, trasformando una chiacchiera in un titolo.
La realtà, invece, è un’altra, chiara e ufficiale. L’Amministrazione comunale ha smentito con fermezza: il Palaindoor non chiude, non ha mai rischiato di chiudere e resterà pienamente operativo. La gestione è stata prorogata fino al 31 ottobre, i lavori di manutenzione sono in corso e non ostacolano minimamente l’attività sportiva. Dal 1° ottobre la struttura sarà del tutto fruibile, in sicurezza e con impianti migliorati.
E allora resta da chiedersi: cosa spinge un politico a gridare al disastro inesistente? Forse la nostalgia di un titolo sui giornali, o la tentazione di un po’ di scena, visto che i cambi di bandiera non bastano più a farsi notare. Il problema è che, nel frattempo, i cittadini vengono avvelenati da ansie infondate e i giovani sportivi da false paure.
La colpa, però, non è solo di chi inventa: è anche di chi pubblica senza verificare. Il giornalismo non può ridursi a rincorrere la sparata del giorno, perché così diventa megafono di chi gioca con la verità. Un impianto sportivo non è un giocattolo per carriere in cerca di ossigeno, né una pedina da campagna elettorale. È un bene pubblico.
Il Palaindoor è aperto, la notizia vera è questa. Tutto il resto è rumore: rumore di lame arrugginite agitate per finta battaglia, rumore di poltrone scricchiolanti sotto chi si sposta da un partito all’altro, rumore di carta stampata che si piega alla voglia di scoop.





