CULTURA - 24 agosto 2025, 12:00

Restauro delle strutture lignee: la memoria alpina si racconta a Issime

Sabato 30 agosto 2025, al Salone z’Lannsch Hous, si svolgerà una tavola rotonda dal valore culturale e identitario unico: esperti, studiosi e comunità si incontrano per riflettere sul restauro delle strutture in legno tradizional

Restauro delle strutture lignee: la memoria alpina si racconta a Issime

L’occasione nasce dalla conclusione del cantiere scuola e del restauro dello stadel di Stubbi, piccolo gioiello di architettura alpina, e si pone come momento di confronto e trasmissione di saperi in una prospettiva che intreccia tecnica, storia e memoria collettiva.

La giornata, aperta dai saluti istituzionali del sindaco di Issime Enrico Montanari e dell’architetto Anna Pedemonte in rappresentanza dell’Ordine degli Architetti PPC della Valle d’Aosta, si articolerà attorno a una proiezione – il documentario Lo stadel di Stubbi: un percorso di restauro di Beppe Busso – e agli interventi di architetti, storici, ingegneri e archeologi. Ma al centro vi sarà soprattutto la voce della comunità locale, incarnata dall’Associazione Augusta, da anni impegnata nella valorizzazione del patrimonio materiale e immateriale del vallone di San Grato.

«Lo stadel di Stubbi non è solo un edificio, ma un simbolo della nostra identità – sottolinea Michele Musso, presidente dell’Associazione Augusta –. Quando diciamo il più bello di Issime, lo facciamo con orgoglio, perché attorno a queste strutture si è costruita nei secoli la vita delle famiglie walser, l’economia rurale e la relazione con il paesaggio. Restaurarlo non significa fermarsi alla dimensione estetica, ma trasmettere alle nuove generazioni il senso di un equilibrio antico fra uomo, natura e tecnica».

L’iniziativa, organizzata dal Consorzio per le Tecnologie e l’Innovazione, cofinanziata dal CFI di Aosta e sostenuta dall’Ordine degli Architetti e dall’Associazione Augusta, arriva al termine di un percorso formativo avviato a giugno e luglio con un cantiere scuola. Un’esperienza intensiva che ha visto artigiani, tecnici e giovani professionisti confrontarsi direttamente con le modalità tradizionali di lavorazione del legno, in un approccio empirico e multidisciplinare. «Abbiamo voluto che non fosse solo un corso, ma un vero e proprio rito di passaggio culturale – aggiunge Musso –. Il contatto diretto con lo stadel e con gli artigiani ha permesso di capire che il restauro non è mai un’operazione astratta: è memoria che si ricompone attraverso mani esperte».

Il valore della tavola rotonda sta dunque nel mettere insieme competenze e saperi: dall’architetto Danilo Marco, che ha seguito gli allievi nei sopralluoghi, all’ingegnere Giancarlo Casella, che ha guidato nell’analisi strutturale, fino agli artigiani Andrea Degasparis ed Enrico Cusa, custodi delle tecniche di montaggio tramandate nelle comunità walser. Ogni voce ha contribuito a far emergere un patrimonio che non appartiene solo a Issime, ma all’intera Valle d’Aosta.

«Oggi parlare di restauro del legno significa affrontare una doppia sfida – spiega ancora Musso –: da un lato mantenere l’autenticità, dall’altro integrare le esigenze del presente. Lo stadel non è un reperto museale, è un’architettura viva che deve dialogare con i tempi moderni senza perdere la sua anima. La tavola rotonda serve proprio a questo: a condividere conoscenze, a confrontarci sui limiti e sulle possibilità, a ricordare che la bellezza nasce dal rispetto delle radici».

Non è un caso che l’evento sia ospitato nel Salone z’Lannsch Hous, spazio che nelle sue pietre e travi custodisce la storia della comunità. Una scelta che ribadisce il legame profondo tra luogo e contenuto, fra identità e trasmissione. La tavola rotonda del 30 agosto non sarà dunque una semplice conferenza, ma un rito comunitario, in cui la cultura walser, le tecniche costruttive alpine e il sapere scientifico si intrecciano in un unico racconto.

Perché, come ricorda Musso, «restaurare non significa solo conservare. Significa soprattutto raccontare. E la tavola rotonda è il momento in cui queste storie individuali e collettive si intrecciano, creando un patrimonio condiviso che rafforza il senso di appartenenza».

pi/mm

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