Una vita concentrata a salire vette, per poi il più delle volte correre giù all’impazzata perché le ore previste di luce non bastavano mai. Anche se muniti di pila frontale, poteva coglierci il buio e, con la stanchezza accumulata, non era mai piacevole.
Una montagna vissuta al massimo, concentrata sull’obiettivo finale, ma della quale ci siamo persi un contorno meraviglioso, composto di arabeschi di nubi che si coloravano nel cielo con il modificarsi delle ore, e qualcosa di più… Basta infatti osservare, nel microcosmo di questo itinerario, cosa ci siamo persi senza accorgercene per la fretta di raggiungere la meta: piccole libellule che si posavano sui nostri vestiti, mentre minuscoli pesciolini bizzarri, saltellando per pochi istanti fuori dalla superficie del laghetto, creavano un cerchio d’acqua che si ingrandiva fino a dissolversi, così come si era composto.
L’ottocentesca Ghiacciaia di Salbertrand, una delle poche ghiacciaie naturali (edificio con annesso laghetto di approvvigionamento) rimaste intatte in Piemonte, ha costituito in passato un’importante risorsa per i montanari, considerata anche la stagionalità del lavoro, complementare a quello agricolo.
Agli inizi del 1900, alcuni commercianti di Oulx, riuniti in società, costruirono l’edificio della ghiacciaia per conservare il ghiaccio prodotto in inverno nell’attiguo laghetto artificiale. Sfruttando il dislivello tra l’alveo del Rio Gorge e il bordo del lago, si ricavò un locale che, con il riporto all’esterno di alcuni terrapieni, risultò quasi completamente interrato. Per difendere la struttura dal calore estivo, si riportò uno strato di circa un metro di terra su cui si piantarono dei pini silvestri.
Una costruzione in pietra più piccola, addossata alla facciata anteriore dell’edificio e delimitata da due portoni in legno, costituiva un efficiente ingresso a bussola che garantiva il mantenimento del freddo nella ghiacciaia e serviva ai carrettieri come protezione dalla pioggia.
Uno scivolo di legno, sistemato entro un corridoio scavato lungo la discesa tra lago e ghiacciaia, veniva impiegato per trasferire i blocchi. Tre finestre, sistemate ad altezze diverse, erano utilizzate per lo stivaggio e l’asportazione del ghiaccio. Un sistema interno di impalcature in legno aveva lo scopo di rallentare la corsa del blocco proveniente dall’esterno, accompagnandolo lungo la discesa ed evitandone la rottura.
Accesso: si accede da Torino per l’autostrada del Frejus (Alta Valle di Susa), uscendo a Oulx est, o lungo la statale percorrendo la SS24 nei pressi di Salbertrand, seguendo poi le indicazioni per l’ingresso del Gran Bosco di Salbertrand. La strada per accedere al parcheggio è sterrata per alcuni chilometri.
Proseguire in auto seguendo i segnali del parcheggio. Nei pressi dell’ingresso al parco (sbarra), parcheggiare l’auto. Si effettua un breve percorso a piedi, seguendo le indicazioni per la ghiacciaia e il laghetto omonimo, per ammirarlo nello splendido scenario circondato da riposanti abeti verdi.
Da qui partono diversi percorsi da effettuarsi all’interno del Gran Bosco di Salbertrand. Noi ci limitiamo in questo frangente a goderci la tranquillità del luogo e a fare il nostalgico giro del laghetto di Pinea, con la breve variante al ritorno della miniera (dall’esterno) e zona caldaia (meno di un’ora in tutto), godendo del fresco della zona, fuori dalla calura estiva, perché si trova sul versante in ombra, proprio all’ingresso del Parco Naturale del Gran Bosco di Salbertrand, a una quota di 1.448 metri.
Bibliografia:
ecomuseo.salbertrand@ruparpiemonte.it
Spunti tratti da: Oreste Rey, L’istuara du gla ‘d Salbertrand, Ecomuseo Colombano Romean e da un articolo di Rosanna Carnisio




