La Segreteria Generale dell’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria (OSAPP) ha inviato un appello formale alle massime autorità del Ministero della Giustizia e del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria (DAP) denunciando la gravità delle aggressioni subite dal personale negli istituti di pena italiani. Secondo l’OSAPP, il fenomeno non è più un’eventualità, ma una vera e propria emergenza strutturale quotidiana, alimentata da carenze organizzative, trasferimenti discutibili e gestione inadeguata delle criticità interne.
Al Sottosegretario di Stato alla Giustizia
On.le Andrea Delmastro delle Vedove
Via Arenula 70 – 00186 Roma
Al Capo del DAP
Pres. Stefano Carmine De Michele
Largo Luigi Daga n. 2 – 00164 Roma
e, p.c.
Al Ministro della Giustizia On.le Carlo Nordio
Al Vice Capo del DAP Dott. Massimo Parisi
Alla Direttrice Generale del Personale Dott.ssa Rita Monica Russo
All’Ufficio per le Relazioni Sindacali c.a. Dott.ssa Ida Del Grosso
Oggetto: Continue aggressioni al personale di Polizia Penitenziaria – da rischio probabilistico a certezza operativa quotidiana – inadeguatezza delle soluzioni provveditoriali
Questa Segreteria Generale reputa doveroso ribadire che il fenomeno delle aggressioni ai danni del personale di Polizia Penitenziaria ha ormai superato la soglia del rischio, configurandosi come emergenza strutturale quotidiana.
Mentre il rischio, per definizione, è un evento possibile ma non certo, la realtà delle aggressioni in carcere è oggi una certezza operativa incontrovertibile nella gestione dei detenuti. Si tratta di un fenomeno divenuto fisiologico e strutturale, con cui il personale si confronta quotidianamente.
L’aspetto più grave è che le aggressioni colpiscono sistematicamente i poliziotti a contatto diretto con i detenuti, bersagliati da calci, pugni, sputi, testate o armi rudimentali (gambe di sgabelli, tavoli, caffettiere inserite in calzini come clave, bombolette di gas).
Paradossale e disarmante risulta l’indifferenza degli organi territoriali dell’Amministrazione, che nei procedimenti penali seguiti alle aggressioni non si costituiscono parte civile, nonostante il danno subito dal proprio personale.
Le motivazioni delle condotte violente sono spesso legate a problematiche irrisolte con l’area sanitaria (cure odontoiatriche, farmaci a uso improprio, problemi dermatologici), con l’area giuridico-pedagogica (permessi, trasferimenti, colloqui, benefici) o con l’area amministrativo-contabile (mancati accrediti, mercedi, rateizzazioni).
Il quadro si aggrava con procedure opache di trasferimento di detenuti da istituti “attenzionati” a nuove sedi, dove spesso liberano le proprie intemperanze o creano un rischio suicidario elevato. Questi trasferimenti, frutto talvolta di semplici telefonate di direttori influenti, generano ricadute pesanti sulla serenità operativa delle strutture riceventi.
In alcuni casi, i provveditorati non correggono assegnazioni sbagliate per agevolare determinati dirigenti, introducendo motivazioni generiche (“rotazione”, “perequazione”, “contiguità”) prive di effetti concreti sulla sicurezza.
Poiché il personale sanitario, educativo e contabile non è direttamente accessibile ai detenuti, il primo bersaglio delle tensioni rimane la Polizia Penitenziaria. L’allontanamento del detenuto aggressore – spesso ottenuto proprio attraverso la violenza per raggiungere una sede desiderata – finisce per premiare la condotta violenta, alimentando un vero “gioco dell’oca” penitenziario.
Le finalità dei detenuti possono includere:
ottenere farmaci particolari (come Lyrica o Gabapentin) disponibili solo in certe ASL;
avvicinarsi a connazionali;
raggiungere piazze di spaccio più redditizie;
sfuggire a estorsioni o minacce.
Alla luce di quanto esposto, l’OSAPP chiede cosa intenda fare concretamente l’Amministrazione per fronteggiare questa emergenza, segnalata in particolare nei distretti di Torino, Firenze, Bologna, Roma e Napoli.
Si sollecita inoltre un’indagine approfondita sulle decisioni dei vertici periferici, sulle reggenze direttoriali e sulla gestione complessiva delle aggressioni, sottolineando i rischi legati alla nomina di direttori inesperti chiamati a gestire più istituti contemporaneamente (es. Volterra, Massa e Pisa).
Considerate le dirette responsabilità politiche e amministrative, si invita a disporre le determinazioni necessarie con urgenza, riservandosi ulteriori iniziative in assenza di riscontro immediato.





