Da decenni riemerge a ogni stagione politica: promesse, slogan, titoli roboanti. Anche io, anche Rassemblement Valdôtain nel suo percorso politico, lo ha sostenuto e lo ritiene (forse) il suo più importante obiettivo strategico. Ma è arrivato il momento di distinguere tra chi propone un impianto concreto, sostenuto da basi giuridiche e coperture finanziarie, e chi si accontenta di rilanciare titoli e veline senza un reale percorso di attuazione.
Nelle ultime ore alcuni organi di stampa hanno rilanciato la notizia della presentazione, alla Camera, di una proposta di legge di Fratelli d’Italia per istituire la zona franca in Valle d’Aosta. Notizia in realtà “vecchia”, visto che il testo giace in Parlamento fin da maggio. E che, nella sua sostanza, non introduce elementi realmente innovativi rispetto a quanto già previsto dal nostro Statuto speciale, all’articolo 14: «Il territorio della Valle d’Aosta è posto fuori della linea doganale e costituisce zona franca…».
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</figure>Sintesi di confronto tra le due proposte.
Due approcci a confronto
La differenza tra la proposta a trazione Rassemblement Valdôtain, approvata dal Consiglio Valle e oggi incardinata sia alla Camera che al Senato, e quella di FdI è netta.
La proposta del Consiglio Valle definisce un impianto operativo articolato in zone produttive speciali (ZPS) e zone franche montane (ZFM), con agevolazioni fiscali e contributive calibrate, incentivi per il ripopolamento delle aree di montagna, aliquote IVA agevolate e una copertura finanziaria certa: riduzione del contributo regionale al risanamento della finanza pubblica, quantificato in 30 milioni di euro annui. Non un libro dei sogni, ma un testo che parte da una trattativa concreta con lo Stato, come previsto dallo Statuto, e che guarda alla “zona franca moderna” quale strumento di sviluppo territoriale e riequilibrio competitivo.
La proposta di FdI riprende sostanzialmente il dettato dell’art. 14 dello Statuto, affidandosi alla generica previsione, ribadita dai suoi esponenti nei “lanci” stampa di queste ore, di “trovare spazi finanziari” nei grandi avanzi di amministrazione. Una formulazione che non tiene conto del fatto che, grazie alla norma di attuazione 184, già oggi la Regione può intervenire in riduzione del carico fiscale sui cittadini, senza bisogno di attendere una nuova legge nazionale. Né affronta il nodo centrale: la necessità di un’intesa Stato-Regione per rimodulare in modo stabile e strutturale il contributo valdostano al risanamento della finanza pubblica nonché definire gli “spazi” entro cui poter definire forme di agevolazione fiscale (in termini di IRES e IVA prima di tutto).
La sostanza prima dell’annuncio
La verità è che lo Stato non può essere usato come feticcio da chi vuole solo dimostrare di “rappresentarlo meglio” in Valle. Il rapporto deve essere alla pari, fondato su leale collaborazione, non sulla vecchia o rinnovata “politica dei rubinetti” che apre o chiude flussi a seconda delle stagioni politiche.
E allora: che senso ha sventolare una proposta di legge che, di fatto, ripete quanto già scritto nello Statuto speciale? La sfida non è riaprire un dibattito di principio, ma attuare ciò che è già previsto. È esattamente quello che abbiamo provato a fare con la nostra iniziativa.
Non servono passerelle: serve un’azione forte e decisa del Governo regionale, affiancata da una reale disponibilità del Governo nazionale a trattare nel merito, per far sì che la “zona franca” non resti un simulacro elettorale, ma diventi finalmente uno strumento moderno di competitività per imprese e cittadini valdostani.





