Sul ghiacciaio del Lys, alle prime luci di un’alba tersa e ingannevole, il silenzio è stato rotto da un grido improvviso. Erano le 5:45 quando altri alpinisti, impegnati nella salita verso il Monte Rosa, hanno visto un compagno di cordata precipitare in un crepaccio, inghiottito in pochi istanti da una fenditura blu e gelida. La chiamata alla Centrale Unica del Soccorso è partita immediata, scandita dalla concitazione e dalla consapevolezza che in quota, il tempo, non è mai un alleato benevolo.
In pochi minuti l’elicottero del Soccorso Alpino Valdostano ha tracciato un arco nel cielo ancora velato di luce, portando a bordo un medico e i tecnici specializzati. Due operatori supplementari sono stati calati sul luogo dell’incidente per accelerare il recupero: una decisione cruciale, perché l’alpinista era precipitato per circa venti metri, intrappolato in una morsa di ghiaccio che assorbiva calore e speranze.
La manovra di estrazione è stata rapida e precisa, il genere di operazione in cui ogni gesto pesa come una vita. Le corde hanno teso il loro filo di salvezza, le voci dei soccorritori hanno rotto il silenzio glaciale, e poco dopo l’uomo è riemerso, avvolto nelle coperte termiche. Non era finita: l’elicottero lo ha trasportato d’urgenza al Pronto soccorso, dove ora è sottoposto a diagnosi, mentre i medici valutano i traumi e gli effetti del freddo.
Sul ghiacciaio, la crepa è tornata a tacere, ma per chi era lì resterà indelebile il ricordo di quella corsa contro il tempo, dove la linea tra vita e morte è stata sottile come una corda tesa sull’abisso.





